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LA STORIA DEL GRANDE RESET DELL’UOMO
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LA STORIA DEL GRANDE RESET DELL’UOMO: DAL TRANSGENDER AL TRANSUMANESIMO, DA TAVISTOCK ALL’OMS – PARTE PRIMA

A Londra chiude la clinica per la «riattribuzione di genere» dei minori. E' l'occasione per compiere un viaggio, tra passato e presente, verso lo stravolgimento della nostra società



Sospeso il Gender Indentity Development Service (GIDS) della clinica Tavistock di Londra. Per un anno non potrà somministrare terapie per la transizione di genere a bambini ed adolescenti, di cui è leader mondiale. Lo ha ordinato il Servizio sanitario inglese (NHS) a seguito delle gravi infrazioni rilevate da un’indagine guidata dalla dottoressa Hilary Cass. Novemila cartelle cliniche hanno dimostrato l’abuso di farmaci sperimentali prescritti, da almeno dieci anni, al di fuori dei minimi standard di tutela.

Non è la prima accusa che viene rivolta contro Tavistock. Nel 2020 la giovane Keira aveva citato in giudizio la clinica dichiarando di aver subito pressioni per diventare maschio (cosa di cui si è pentita), che l’hanno portata a prendere bloccanti della pubertà a 16 anni, testosterone a 17 e doppia mastectomia l’anno dopo. L’Alta Corte inglese ha rigettato la denuncia, nonostante una prima sentenza avesse, giustamente, stabilito che i minorenni non hanno la maturità per dare un consenso informato e valutare in modo consapevole il trattamento a cui vengono sottoposti.

Che qualcosa di anomalo stesse capitando in quella clinica era noto già dal 2005 quando la dottoressa Sue Evans inizia ad accusare l’istituto londinese di collusione con gruppi di pressione Lgtb, come Stonewall e Mermaids. Ma è solo nel 2018 – quando finisce sui giornali il rapporto agghiacciante firmato dal responsabile dei servizi per gli adulti – che la verità inizia ad emergere.

Il dottor David Bell accusa Tavistock di spingere migliaia di ragazzini verso la transizione di genere, senza averne approfondito la storia personale con un adeguato percorso psicoterapeutico. Lo psichiatra fa specifico riferimento ai pazienti affetti da autismo, disabilità, trauma (la maggioranza di coloro che si rivolgono alla clinica) che vengono etichettati come trans, anche dopo due sole visite, attribuendo il loro disagio unicamente al fatto di essere “intrappolati nel corpo sbagliato”. Il rapporto gli è costato un’azione disciplinare a cui hanno fatto seguito le sue dimissioni, ma ha trovato la solidarietà di altri medici turbati da quanto stava accadendo. “Non potevo andare avanti così, non potevo più guardarmi in faccia”, ha confessato un dottore dopo che un bambino di soli otto anni era stato indirizzato al trattamento farmacologico.

La terapia è invasiva, irreversibile e sperimentale: le conseguenze a lungo termine non sono ancora state sufficientemente studiate, ma si sospettano anomalie nello sviluppo del cervello, della fertilità, delle ossea. E tutto ciò viene somministrato a ragazzini semplicemente confusi, con soldi pubblici. Le statistiche dicono, infatti, che la maggioranza (una quota tra il 60% e il 90%) dei casi di disforia si risolve spontaneamente poiché l’identità di genere si stabilizza col tempo: in termini scientifici, il fenomeno è noto come “desistenza”.

Nello specifico, il trattamento prevede farmaci ipotalamici per ritardare la pubertà, inibendo lo sviluppo degli organi sessuali per ridurre così l’impatto del futuro intervento chirurgico. Lo sviluppo naturale del fisico viene, quindi, bloccato chimicamente e i corpi vengono congelati in una dimensione fuori dal tempo dove restano asessuati come fogli bianchi su cui, un domani, riscrivere il genere desiderato. È una cancel culture applicata direttamente al corpo: sei femmina ma ti senti maschio?

Cancelliamo il tuo corpo biologico e, come in un video game, maschile e femminile diventano un avatar che puoi ridisegnare quando e come vuoi tu. Anche se, in realtà, è come vogliono loro….quelli che, in un delirio di onnipotenza, aspirano a rifondare sulla natura, l’artificiale come una seconda natura. I trans-gender sono già un prodotto del trans-umanesimo e della sua volontà di trascendere i limiti dell’umano dati dalla natura. Entrambi presuppongono la radicale oggettivazione del corpo, la sua riduzione a contenitore astratto e la sua riformattazione in chiave tecno-medicale. Per l’economia neoliberale il tipo ideale di corpo è il robot, inteso come funzionalità assoluta e asessuata. Un corpo che non ha malattie, solo virus… come sa Bill Gates passato direttamente dai PC ai vaccini.

Siamo di fronte a un esperimento biopolitico sulla carne viva dei più giovani. Il lager legalizzato di Tavistock è stato momentaneamente fermato, ma il Governo inglese non fa nessun passo indietro sulla politica di genere. Il gender avanza in tutti gli Stati mascherato dalla retorica della lotta alle discriminazioni. In Italia, ad esempio, l’AIFA ha recentemente autorizzato per i casi di disforia la somministrazione di Triptorelina, un bloccante degli ormoni fin’ora usato solo in caso di due specifici e gravi tumori. Come se fosse normale (e senza conseguenze) bloccare lo sviluppo di quella macchina perfetta e misteriosa che è il corpo umano e banalizzare la formazione dell’identità sessuale isolandola, con un taglio medico, dalla complessità delle implicazioni fra natura e cultura, cioè dalla vita.

Il primo a comprendere il boomerang che stava arrivando è stato Michel Foucault che, nel 1974, ha coniato il termine “biopolitica” per indicare come la medicina stava diventando una strategia politica. Il filosofo francese ha segnato un punto di non ritorno nella presa di coscienza dei rapporti fra il sapere e il potere di cui anche la scienza è l’esito, nonostante le sue pretese di imparzialità e neutralità.

La teoria del gender svela, come pochi altri fenomeni in atto, la carica ideologica che si nasconde dietro il “regime di verità” che si vuole imporre urbi et orbi.

"Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate"

scriveva Gilbert Keith Chesterton, nel 1905, profetizzando l’avvento di un’era in cui dire una cosa normale sarebbe diventato rivoluzionario. (1)

È criminale sottoporre adolescenti e addirittura bambini a trattamenti chimici invasivi”, scrive la dottoressa Debra Soh smontando, punto per punto, le supposte basi scientifiche del gender. Non esiste nessuna neutralità o fluidità di genere: “fare credere il contrario è un crimine verso esseri in formazione”. (2)

Infatti, la teoria del gender, oltre a essere un falso scientifico, è nata da un crimine vero e proprio. Nel 1967 i genitori di Bruce Reimer, di soli due anni, bussarono alla porta dello studio di  John Money, endocrinologo di Baltimora, poiché il piccolo aveva subito una lesione ai genitali a seguito di un intervento di circoncisione.
Il dottore convinse la coppia a crescere il bambino come una femmina e lo sottopose fin da subito a terapie ormonali e interventi chirurgici.

Approfittando di una famiglia fragile con problemi di alcolismo, Money voleva dimostrare che “non si nasce maschi né femmine, ma lo si diviene” in base all’autodeterminazione del soggetto. Dopo aver aperto la prima clinica al mondo specializzata nella riassegnazione di sesso, Money presentò, in un libro, pubblicato nel 1972, il caso del piccolo Bruce come la prova trionfale della sua teoria: era riuscito a creare un’identità femminile in un bambino nato maschietto.

L’esperimento, in realtà, finì in tragedia: nel 2002, all’età di 38 anni, Bruce si suicidò dopo aver tentato per tutta la vita di riappropriarsi dell’identità di uomo che gli avevano rubato. Non era mai riuscito a calarsi nel ruolo femminile che gli avevano imposto, compromettendo il suo equilibrio per sempre.

Da Money a Tavistock, la clinica degli orrori è rimasta la stessa e i mostri continuano a girare indossando camici bianchi

Nonostante il fallimento di quell’unico esperimento su cavia umana e malgrado la chiusura della sua clinica per gravi illeciti, Money venne acclamato come il fondatore della teoria gender e della plasticità psico-sessuale dei bambini.

La sociologa Marguerite A. Peeters e la giurista Elisabetta Frezza hanno documentato, tappa per tappa, il percorso che ha artificiosamente elevato a dogma l’invenzione del gender. (3)

Dapprima il suo successo presso il movimento femminista e i circoli omosessuali degli anni ’70 che credettero di trovarvi una base scientifica per le loro battaglie contro la famiglia patriarcale e lo schema maschio-femmina stabilito dalla natura.

Poi la sua strumentalizzazione da parte degli enti per il controllo delle nascite. Infine, il suo approdo alla Conferenza di Pechino dell’Onu, nel 1995, dove è divenuta legislazione (grazie a un colpo di mano ben orchestrato da alcuni potenti gruppi di pressione) e di qui, a cascata, su tutte le normative nazionali.

Fondamentale in tutto questo percorso il ruolo svolto da Planned Parenthood Federation, ente americano per il birth control (fondato nel 1946 dall’eugenetista Margareth Sanger), che è ancora oggi la principale partner e ispiratrice dell’UNFPA, il Fondo dell’Onu per la Popolazione.

Ad esempio, alla fine degli anni ’60, Planned Parenthood stila per l’Oms un memorandum strategico con l’obiettivo di ridurre la natalità in cui indica come incrementare percentualmente l’omosessualità, oltre a come ristrutturare la famiglia, posticipando o evitando il matrimonio.

E non è, forse, l’attuale, fanatica, promozione politica del gender un invito alla sterilizzazione dell’intera società? Poiché, da che mondo è mondo, la riproduzione della specie necessita della complementarietà della donna e dell’uomo.

Si verrebbe così a chiudere il cerchio di un’ossessione che ha pervaso le élite fin dall’inizio dell’Ottocento, dopo che l’economista Thomas Robert Malthus aveva teorizzato l’esaurimento delle risorse planetarie a causa dell’aumento demografico.

Nel 2021 l’Onu ha persino introdotto delle specie di liste di proscrizione per chi non rispetta l’ideologia gender, nel paradosso per cui la difesa delle diversità diviene la dittatura del pensiero unico, con allegata la persecuzione dei dissidenti.

Il gender non ha nulla a che vedere con la lotta contro l’omofobia. L’agenda gender è punto essenziale dell’agenda Onu 2030 e su di essa gli investimenti sono altissimi. Lgtb è la quarta lobby più potente al mondo sostenuta da 379 aziende di Big Tech, dalla Fondazione Rockfeller e da George Soros che, insieme alle rivoluzioni arancioni, finanzia lautamente le rivoluzioni arcobaleno di mezzo pianeta.

Rappresenta una tappa fondamentale verso il Grande Reset, il grande azzeramento di ogni identità: da quelle collettive (nazionali, culturali e sociali) sino a quelle più intime e sessuali. È in produzione seriale l’uomo-trans: tran-sessuale, trans-nazionale, trans-umano, in transito perenne nel nomadismo della precarietà esistenziale.

Il genere è abolito come fondamento oggettivo, essenziale e socialmente riconoscibile per spogliare l’individuo delle ultime forme di appartenenza.

Non si nasce più maschio o femmina, ma in un indifferentismo sessuale che espropria le persone dell’identità più profonda per emigrare in una massa globale indifferenziata. Le nuove frontiere della sessualità sono solo l’ultimo stadio di un lungo processo di spersonalizzazione e de-individualizzazione dell’umano, nel senso di cancellazione di ogni principio di individuazione distintivo.

Il corpo si struttura, innanzitutto, nella differenza maschile-femminile, ora deve obbedire ad un imperativo di spogliamento su cui fondare un’equivalenza generale che neutralizza la potenza della diversità nell’ambiguità omologante dell’unisex.

Il corpo così decostruito, uniformato, negato nella sua differenza può essere riorganizzato come materiale inerte al pari di un oggetto. E se è un oggetto può essere trasformato, “genderizzato”, hackerato, potenziato, impiantato, ingegnerizzato geneticamente (come vedremo dopo).

È una manipolazione dei corpi interamente fondata su uno schema di repressione: il sessuale viene disincarnato dal corpo per essere amministrato dal politico secondo modelli tecnocratici. È una prigionia ideologica, non una liberazione progressista dai pregiudizi.

Lungi dal promuovere il rispetto delle differenze delle minoranze, il globalismo anela proprio a distruggere ogni diversità annichilendola nell’Uno medesimo e indistinto. Uomo e donna sfumano la loro distinzione nella maschilizzazione della donna e nella femminilizzazione dell’uomo, fino alla loro dissoluzione nell’unisex, un mutante in continua metamorfosi. L’androgino è l’abitante ideale del nuovo mondo globalizzato, privo di confini, liscio e senza ostacoli, in bilico sulla soglia della fluidità permanente, idonea alla velocità dei flussi e alla circolazione di merci, persone o informazioni.

Il genderismo è stato eletto da un sistema di potere economico, politico e mediatico votato a smantellare ogni vestigia di civiltà, cultura e tradizione.

Maschile e femminile rimandano, infatti, alla coppia padre e madre in rapida rottamazione a favore di genitore 1 e genitore 2 nella sperimentazione di nuove strutture sociali. La rivoluzione antropologica in atto prevede di rovesciare l’ordine millenario garantito dall’istituzione della famiglia, nucleo fondante del tessuto sociale. Ordine, all’interno del quale, ciascuno, con le proprie peculiarità, cerca di trovare il proprio posto.

Lo hanno dichiarato in tanti, e da parecchi decenni, non solo le femministe e gli omosessuali dell’area estremista, ma anche gli intellettuali della Fabian society, i filosofi della Scuola di Francoforte, i direttori dell’Oms: fondere i sessi, rovesciare i ruoli e abolire la famiglia così come la conosciamo.

Le società non sono entità immobili, nel passato hanno sempre modificato i loro costumi e le loro usanze nel tempo lento del loro sviluppo naturale, ma nessuna comunità al mondo ha mai osato mettere in dubbio la primarietà dell’unione uomo e donna poiché significa mettere in discussione il fondamento stesso della discendenza umana. Il matrimonio è, infatti, tratto specifico antropologico (anche se non ovunque è monogamico), insieme al culto dei defunti.

Oggi, invece, domina un’accelerazione che spinge verso l’imposizione di un nuovo modello sociale che, però, non è scelto democraticamente. Questa svolta apparentemente liberale del genderismo, infatti, si compie all’interno di uno spazio interamente repressivo, dove alla coercizione violenta ne è stata sostituita un’altra, più sottile e subdola perché non riconoscibile.

Ne è la prova il fatto che la struttura capofila nella transizione di genere sia proprio quello che è considerato, da 101 anni, il centro mondiale dell’ingegneria sociale per la manipolazione occulta delle masse.

La clinica Tavistock ha la particolarità unica di essere un centro di studi psichiatrici e un centro di ricerche militari.

Nasce, infatti, nel 1921 sotto il patrocinio dell’Ufficio per la guerra psicologica dell’esercito britannico ed è diretta da un militare, lo psichiatra John Rawlings Rees. È finanziata, fin dal 1930, da lobby potentissime come la Rockefeller Foundation e la Macy Foundation. I suoi clienti sono enti governativi, università, multinazionali, ecc.

Inizia la sua attività specializzandosi nello studio dei traumi psicotici dei reduci della Prima Guerra Mondiale scoprendo come l’esposizione al terrore dei bombardamenti li avesse resi particolarmente influenzabili con reazioni prevedibili (in termini tavistockiani “profilabili”).

Da allora, la ricerca a Tavistock è sempre stata focalizzata su studi sperimentali per capire il punto di rottura della mente in condizioni limite, come nel caso dei prigionieri di guerra. Rees sosteneva che “le guerre non si vincono uccidendo l’avversario, ma minando e distruggendo il suo morale e conservando il proprio”. (4)

L’attenzione passa poi dal singolo alle dinamiche di gruppo, grazie all’apporto fondamentale di Kurt Zadok Lewin, cofondatore della psicologia della Gestalt.

Nel 1945 Rees pubblica un libro in cui teorizza che metodi analoghi a quelli sperimentati in guerra, possono essere applicati su intere società o gruppi in tempo di pace e crea un reparto speciale di esperti che fungono da consiglieri su questioni militari, politiche, economiche e culturali.

Nel 1957, un altro psichiatra di Tavistock, William Sargant, documenta i suoi studi in un suo libro in cui spiega che "vari tipi di credenze possono essere inculcate in molte persone dopo che la funzione cerebrale è stata deliberatamente disturbata da paura, rabbia o eccitazione accidentali o volutamente indotte. Tra le conseguenze più comuni di questi disturbi si possono annoverare una capacità di giudizio temporaneamente menomata e una suggestionabilità ingigantita."

Parole profetiche, alla luce di quanto accade da quasi tre anni, in cui le persone sono costantemente bombardate da notizie su guerra, pandemie, eco-catastrofi…

Gli psichiatri di Tavistock sono, inoltre, i primi a comprendere l’importanza dei nuovi mezzi di comunicazione come radio e televisione e a studiarne gli effetti clinici sulle persone già alla fine degli anni ’40.

Rilevano, ad esempio, come la tv produca uno stato di semi-coscienza caratterizzato dalla fissità dello sguardo che rende lo spettatore particolarmente suscettibile ai messaggi contenuti nei programmi. A metà degli anni ’70, l’istituto pubblica uno studio, firmato da Eric Trist e Fred Emery, che raccoglie vent’anni di osservazioni sull’impatto della televisione sulla società americana.

FINE PRIMA PARTE 1/2

Di Sonia Milone per ComeDonChisciotte.org


(fonte: https://comedonchisciotte.org/grand...ia-parte-prima/)

  



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LA STORIA DEL GRANDE RESET DELL’UOMO: DAL TRANSGENDER AL TRANSUMANESIMO, DA TAVISTOCK ALL’OMS – PARTE SECONDA


Il giornalista L. Wolfe ha scritto che, negli ultimi anni, la ricerca dell’istituto si è concentrata sui “salti di paradigma”, ovvero sulle “modalità per provocare mutamenti dei paradigmi culturali nelle società umane, attraverso l’instaurazione di ambienti sociali perturbati e la manipolazione delle dinamiche occulte di gruppo”.

Un esempio di “salto di paradigma” è proprio la modifica antropologica dell’uomo attraverso l’ideologia gender.

Noam Chomsky, il più autorevole intellettuale vivente, ha scritto che “la propaganda è per la democrazia quello che il randello è per lo stato totalitario”. Siamo abituati a pensare al totalitarismo come quello dei carri armati: forme antiche, superate. Il nuovo totalitarismo è mediatico, digitale, non sanguinario ma non per questo meno repressivo.

La dittatura del pensiero unico, oggi, avanza manipolando i mass media e ogni settore della comunicazione, compresi quelli considerati neutrali e apolitici come il mondo della musica, del cinema, della pubblicità, in modo da produrre un condizionamento inavvertito che direziona la pubblica opinione verso valori decisi nelle centrali di potere.

Obiettivo strategico primario è rieducare le nuove generazioni, aggredite su più fronti da una prepotenza narrativa progender che cerca di instillare nella loro mente certe suggestioni e stati d’animo, creati scientificamente a tavolino. Una generazione drogata dai social, dai video, dai film risulta facilmente psico-programmabile.

Persino i cartoni animati inseriscono contenuti Lgtb, come Walt Disney che modifica le fiabe classiche sostituendo la matrigna di Biancaneve con una drag queen. Anche la Barbie si aggiorna e diventa gender neutral: oggi maschio, domani femmina.

L’attrice Angelina Jolie (ambasciatrice Onu, progressista, ecologista, insettivora) ci mostra da anni come ha, orgogliosamente, trasformato il figlio di 7 anni in una bambina con la collaborazione dell’ex marito, Brad Pitt, che ora va in giro indossando la gonna. Molto di recente, Jolie ha partecipato al concerto dei Maneskin, eletti dal sistema a paladini italici del nuovo conformismo politicamente corretto del pansessualismo.

D’altronde, la trasgressione politicamente diretta ha sempre esercitato un certo appeal sui giovani. L’autrice di Harry Potter, J. Rowling, invece, ha pagato un duro prezzo quando si è pubblicamente scagliata contro la follia gender tanto da essere emarginata dal mondo del cinema, nonostante i miliardi che ha fatto guadagnare..

I ragazzi ignorano che dietro le quinte c’è un sistema di potere feroce. Tutti i media sono, infatti, nelle mani di un piccolo gruppo di monopolisti animati dall’ambizione messianica di cambiare il mondo. Controllano Hollywood, Netflix, tutte le televisioni, la stampa, i social, finanziano le università, la ricerca scientifica, ecc. In questo momento, Amazon sta finanziando le scuole americane di ogni grado.

Gestiscono le risorse chiave del mondo globale, l’intero corpo di informazioni della popolazione, in grado di mutare gli orientamenti dei cittadini e di modificare pesantemente la vita dell’umanità.

La manipolazione dei mass media è il mezzo con cui provocare dei cambiamenti indotti, senza il nostro consenso e senza che ce ne rendiamo conto. Se i canali di comunicazione sono le braccia, centri come Tavistock ne sono la mente, il luogo dove si elaborano le strategie per influenzare le masse.

Per ottenere un condizionamento collettivo potente l’ideale sarebbe formattare l’individuo fin da piccolo, come aveva ben compreso il premio Nobel Bertrand Russell (membro della Fabian society, il cui simbolo era un lupo travestito da agnello) che nel 1951 scriveva:

"fra i metodi moderni di propaganda il più influente è quello denominato educazione. Gli psicologi del futuro disporranno di un gran numero di classi di bambini scolarizzati su cui sperimenteranno diversi metodi per produrre l’incrollabile convinzione che la neve è nera […].

Altri risultati si faranno presto strada: primariamente, che le influenze familiari sono un ostacolo. Secondariamente, che non si può fare gran che se l’indottrinamento non inizia prima dell’età di dieci anni […]

Io già lo prevedo. Quando la tecnica sarà stata perfezionata, ogni governo responsabile dell’istruzione di una generazione sarà in grado di controllare i suoi soggetti in tutta sicurezza senza il bisogno di esercito o di polizia."


Infatti, per far credere ai bambini che “la neve è nera”, sono stati, oggi, sguinzagliati nelle scuole italiane, di ogni ordine e grado, migliaia di psicologi per diffondere la teoria del gender mascherandola con le belle parole di educazione all’inclusività e all’affettività. Nemmeno i più piccoli vengono risparmiati da una precoce familiarizzazione con fenomeni non adatti alla loro età.

Gli alunni vengono così formati alla lotta contro gli stereotipi sessuali per essere rieducati alla fluidità permanente: da maschio a femmina, da femmina a maschio e infinite variazioni, in una corsa al “progresso” che trascina i più indifesi in un gioco allo sbando.

Si insegna loro il nuovo linguaggio inclusivo, in cui persino usare le desinenze maschili e femminili è offensivo, meglio il “neutro” che non è mai neutrale ma addestra a stabilire i nuovi limiti del dicibile che sono i limiti del pensabile. Anziché smascherare questa messinscena planetaria del gender e disinnescarne la carica eversiva, presidi ed insegnanti si prestano, inconsapevoli, a condurre gli agnelli davanti al lupo.

Più che liberare una persona dal corpo sbagliato, il rischio è di intrappolare tutta la prossima generazione nelle gabbie di un’ideologia. Questa è la “Buona scuola” voluta da Matteo Renzi nel 2015 che ha recepito in toto la “strategia Lgtb” di Elsa Fornero, ministro con delega alle pari opportunità del mai eletto governo Monti.

I numeri parlano chiaro: a Tavistock c’è stato un aumento del 1000% di richieste di minorenni per la transizione di genere nel periodo 2015-2020. Sono cifre che, ormai, dimostrano la diffusione di massa del fenomeno.

Bisogna chiedersi, a questo punto, il motivo reale di un così ingente sforzo di risorse messo in campo dai poteri finanziari per promuovere il gender. La storia di Tavistock è illuminante, a tal proposito, per rileggere, in contro luce, alcune dinamiche politiche rimaste, per lo più, nell’ombra.

La clinica, infatti, è stato il luogo in cui si sono incontrati, lavorando insieme al direttore John Rawlings Rees, lo psichiatra G. Brock Chisholm (anch’egli militare come Rees) e il biologo Julian Huxley.

Tutti e tre sono convinti sostenitori dell’eugenetica che, lungi dall’essere un fenomeno circoscritto al Nazismo, è una “scienza” fondata da Francis Galton nel 1883, insegnata nelle università e condivisa da stimati intellettuali allo scopo di “migliorare le doti ereditarie delle generazioni future della razza umana”. Di fatto, studia come favorire la riproduzione dei migliori e limitare o vietare la riproduzione degli “inadatti” (malati, disabili, alcolizzati, delinquenti, ecc.).

Scrive, ad esempio, Huxley:

"Gli strati più bassi, presumibilmente meno dotati geneticamente, si riproducono relativamente troppo velocemente. Per questo motivo è necessario insegnare loro i metodi di controllo delle nascite; non devono avere un accesso facilitato all’assistenza o alle cure ospedaliere, per evitare la produzione o la sopravvivenza dei bambini; una lunga disoccupazione dovrebbe essere un motivo di sterilizzazione"

Huxley fonda l’Unesco nel 1946 e, insieme a Rees, fonda la Wfmh (Federazione mondiale della sanità mentale) nel 1947, mentre Chisholm fonda l’Oms nel 1948, di cui sarà direttore fino al 1953, per poi divenire presidente della Wfmh nel 1957. (7)
Le idee eugenetiche dei tre scienziati passano direttamente dalla clinica di Londra agli organi sovranazionali dell’Onu, insieme ai progetti di ingegneria sociale maturati a Tavistock.

Julian Huxley lo esplicita espressamente nelle linee guida redatte per l’Unesco, tutt’oggi pubblicate sul sito. Scrive:

"Le capacità mentali umane potrebbero certamente essere ulteriormente incrementate per mezzo di deliberate misure eugenetiche, se consapevolmente ci disporremo ad incentivarle. Il progresso non è automatico o inevitabile ma dipende dalla scelta umana e dallo sforzo di volontà. Prendendo le tecniche di persuasione e informazione e vera propaganda che abbiamo imparato ad applicare come nazione in guerra, e deliberatamente unendole ai compiti internazionali di pace, se necessario utilizzandole, come Lenin previde, per superare la resistenza di milioni verso il cambiamento desiderabile."

L’Unesco, lungi dal promuovere la Cultura, nasce con lo scopo deliberato di indirizzare lo sviluppo del mondo verso il “cambiamento desiderabile”, ossia l’eugenetica, manipolando le masse: il riferimento a Tavistock è lampante. E per farlo l’Unesco lavora in tandem con la Wfmh e con l’Oms, come dichiarato da Huxley stesso.

Poiché il termine “eugenetica” comincia a non essere più molto popolare dopo il processo di Norimberga, Huxley gli cambia nome nel 1951: “forse il termine transumanesimo andrà bene”.

Lo scopo dell’eugenetica è mettere sotto il controllo della scienza la riproduzione umana. In ciò, Margaret Sanger ha svolto un ruolo fondamentale assicurando la continuità tra il pensiero di Huxley e le politiche di controllo delle nascite.

Non sono ancora stati sufficientemente approfonditi i rapporti diretti fra i due, ma la Sanger ha vissuto a Londra dove è diventata l’amante dello scrittore H. G. Wells, membro dell’Eugenics society e amico della famiglia Huxley. Nel 1927 organizzata a Ginevra una Conferenza mondiale sulla popolazione a cui partecipa lo stesso Julian.

Nel 1946 la Sanger fonda Planned Parenthood Federation (di cui diviene presidente dal 1952) che, come abbiamo visto prima, è fra i principali enti che promuovono la teoria del gender creata da John Money nel 1965.

Celebrata come una delle donne più influenti del secolo, paladina della parità di genere, inventrice della pillola anticoncezionale, la Sanger è, in realtà, una delle peggiori razziste del ‘900.

Nella sua opera principale, pubblicata nel 1922, raccomanda “l’eliminazione della gramigna umana“, ossia la “sterilizzazione delle razze geneticamente inferiori“, di cui compila un accurato elenco comprendente “negri, ispanici, indiani americani“, nonchè “fondamentalisti e cattolici“. (9) Il suo slogan è “più bambini per gli adatti; meno per gli inadatti; questo è lo scopo principale del controllo delle nascite”.

Dal 1939 si occupa del “negro project“, campagne di educazione sessuale e di emancipazione delle donne, dietro cui nasconde le sue reali intenzioni: “non vogliamo che circoli la voce che intendiamo sterminare la popolazione negra”.

Nel 1973 la comunità afro-americana registra una riduzione del 25% di nascite. Alveda, nipote di Martin Luther King, accusa Planned Parenthood.

Grazie alla Sanger, Planned Parenthood diventa il punto di intersezione fra le politiche eugenetiche e il gender. I finanziatori sono sempre gli stessi, su tutti la Fondazione Rockfeller e la Fondazione Ford.

Se nel ‘900 l’eugenetica avanzava strumentalizzando i diritti delle donne e dei gay, nel XXI secolo procede con la propaganda pro gender. Che cos’è, infatti, una famiglia arcobaleno se non due persone che, per avere un figlio, devono ricorrere alla scienza per assembrare materiale genico XX e XY?

La funzione fondamentale del gender è concorrere a trasferire massivamente la procreazione naturale verso la riproduzione artificiale, su cui gli apprendisti stregoni sono già pronti ad allungare le mani.

Dalla famiglia tradizionale alla famiglia arcobaleno, da madre e padre a genitore 1 e 2, dal ventre della donna al laboratorio in vitro, la finestra di Overton non è solo aperta ma palesemente spalancata sulla manipolazione genetica. La tecnica del CRISPR, il “taglia e cuci”del DNA, oggi consente di ricombinare i geni con una precisione impensabile prima.

Nel 2018, sono nate le prime due gemelle con genoma alterato che verrà trasmesso alla loro progenie. La scusa è stata immunizzare gli embrioni dal virus dell’Aids, la conseguenza è stata la sperimentazione di doti mnemoniche aumentate.

Entro 5 anni è previsto l’utilizzo di uteri artificiali (ectogenesi), come ha dichiarato il direttore di BioTexCom, clinica per la fecondazione in vitro e la maternità surrogata.

Secondo il filosofo Byng Chul Han lo sciame è la condizione dell’uomo del XXI secolo, possiamo aggiungere che lo sciame è quello delle api, dove l’unica a fare figli sarà l’ape regina, metaforicamente la biogenetica.

Se nel 1947 Huxley scriveva “nonostante ogni politica eugenetica radicale sarà per molti anni politicamente e psicologicamente impossibile, sarà importante per l’Unesco controllare che i problemi dell’eugenetica siano esaminati con la massima cura possibile affinché ciò che per ora è inimmaginabile diventi almeno immaginabile”, oggi l’inimmaginabile è del tutto realizzabile.

Ovuli biologicamente superiori, fertilizzati da spermatozoi biologicamente superiori, si decantavano nelle categorie alfa, beta e alfa+“, scriveva in “Ritorno al mondo nuovo” Aldous Huxley nel 1958, immaginando un futuro dove alle donne sono asportate chirurgicamente le ovaie, i bambini vengono generati dentro gli incubatori e le parole “padre” e “madre” sono diventati insulti.

Quell’Aldous che, come il fratello Julian, aborriva la “delinquenza genetica” che inquina la razza umana superiore, da correggere con la procreazione controllata scientificamente.

Se la riproduzione della specie venisse rimpiazzata dalla riproduzione artificiale la tirannia della famiglia biologica sarebbe finalmente spezzata”, scriveva Shulamith Firestone, paladina della prospettiva di genere e leader dell’ala femminista estremista.

L’ex direttore generale dell’Oms, G. Brock Chisholm, aveva ben compreso che la maggiore barriera a tutto ciò – che, orwellianamente, chiamava “sviluppo della civiltà”- fosse il concetto di “giusto e sbagliato” che riteneva necessario sradicare per “rimuovere dalle menti degli uomini il loro individualismo, la fedeltà alla tradizione della famiglia, il patriottismo nazionale ed i dogmi religiosi“.

Vedeva i genitori come soppressori della migliore natura dei bambini e riteneva che l’educazione sessuale dovesse essere introdotta obbligatoriamente già in quarta elementare per cancellare “le idee dei vecchi”.

Ci si chiede se nel concetto di “giusto e sbagliato” trasmesso dalle famiglie e contestato da Chisholm, rientri anche la liceità di minorenni (cioè di soggetti “immaturi” per definizione, essendo il loro sviluppo psico-fisico non ancora maturato) a compiere scelte anche irreversibilii, come la Gender clinic di Tavistock ha drammaticamente dimostrato. La concezione del bambino per l’Onu è, infatti, quella di un soggetto che si autodetermina, a scapito della potestà genitoriale.

È opportuno chiedersi fino a che punto si vuole arrivare. Il riferimento normativo per la cosiddetta difesa dei diritti Lgtb dell’Unione europea è la Raccomandazione del 2010 del comitato dei Ministri degli esteri, dove al punto 18 leggiamo:

"gli Stati membri dovrebbero assicurare l’abrogazione di qualsiasi legislazione discriminatoria ai sensi della quale sia considerato reato penale il rapporto sessuale tra adulti consenzienti dello stesso sesso ivi comprese le disposizioni che stabiliscono una distinzione tra l’età del consenso per gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso e tra eterosessuali"

In pratica, un invito a legalizzare la pedofilia considerata una forma, fra le altre, del comportamento sessuale. Infatti, certe centrali della neolingua hanno già coniato il nuovo nome, “Minor attracted person” o “Map”, giusto per non offendere nemmeno più i criminali nel grande progresso della tolleranza umanitaria.

E, infatti, oggi siede all’Unar (Ufficio nazionale antirazzismo, che fa capo al Dipartimento delle pari opportunità) (10) il circolo omosessuale Mario Mieli, il cui fondatore ha scritto: “Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, educastra, nega, calando sul suo erotismo la griglia edipica”. (11)

Questa è l’Unione europea, vassalla dei Dem americani nel senso di Clinton, nel senso di Epstein. Questi sono l’Onu, l’Oms e l’Unesco che, ingenuamente, le persone credono essere l’apice della collaborazione fra Stati per il bene dell’umanità.

Mentre è esattamente l’opposto, la loro fondazione da parte di influenti privati, strateghi politici e ingegneri sociali, rientra nell’obiettivo di creare organizzazioni sovranazionali con cui erodere le sovranità nazionali, cioè le democrazie.

Non stupisce che proprio l’Istituto Tavistock abbia organizzato nel 1989 un ciclo di conferenze dedicate al ruolo delle Organizzazioni non governative nell’indebolire le nazioni. Se le persone non sono messe a conoscenza di questioni di tale portata è perché Tavistock ha lavorato molto bene..

L’Odissea termina con il ritorno a Itaca di Ulisse, l’eroe dell’erranza che ha rinunciato all’immortalità e ai transumanamenti offerti da Circe e Calipso. Ma per tornare veramente a casa deve sostenere un’ultima prova: Penelope (simmetrica ad Ulisse in astuzia) chiede di spostare il letto nuziale. Solo il re e la regina sanno che è inamovibile perché è stato costruito sul ceppo di un ulivo secolare che affonda le sue radici nelle profondità della terra. Il talamo è il simbolo dell’albero della vita che inserisce la coppia nel ciclo delle generazioni, nella profondità del tempo. Tempo che Penelope, con il suo tessere e disfare la sua tela mai finita, aveva sospeso, salvando il regno.

Il filo, nella mitologia greca, rappresenta sempre il destino umano che le tre Moire srotolano alla nascita, arrotolano al fuso durante lo scorrere degli anni e infine tagliano con la morte. Solo dopo che Ulisse si è reinsediato nella linea verticale della discendenza, Penelope può terminare la sua tela e il tempo può ricominciare a scorrere.

Questi non sono stereotipi, sono archetipi.


Di Sonia Milone per ComeDonChisciotte.org

31.08.2022


(fonte: https://comedonchisciotte.org/la-st...-parte-seconda/)
  



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