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«CHI ERANO I FASCISTI? COS'È STATO IL FASCISMO?»
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Messaggio «CHI ERANO I FASCISTI? COS'È STATO IL FASCISMO?» 
 
«GLI ANNI NERI DELLA STORIA D'ITALIA»
«CHI ERANO I FASCISTI? COS'È STATO IL FASCISMO?»

Il fascismo nacque nel marzo del 1919 come un’avventura di teppisti ed avventurieri, di giovani spostati e spesso non in regola con la legge. Il suo fondatore, Benito Mussolini, era un ex socialista divenuto nel 1914 fautore della guerra, perché comprato a suon di biglietti da mille dai francesi che volevano l’intervento in guerra dell’Italia a fianco dell’Inghilterra e della Francia. Dapprima il fascismo fu contro tutti: contro la monarchia, i socialisti, la chiesa, lo stato democratico. Una gran confusione regnava nei cervelli dei fascisti: per loro l’importante era menar le mani, coprendo la loro violenza sotto il nome della patria. Questo primo fascismo ebbe poca fortuna: nelle elezioni del 1919 fu clamorosamente battuto e quasi scomparve dalla scena. Il movimento operaio in quel periodo era forte e capace. Nel 1919 vi era stato un grande movimento di scioperi e di agitazioni nelle fabbriche e nelle campagne; il Partito socialista era forte nel Paese, nel Parlamento e nei Comuni; fortissimi erano i sindacati. Tutto ciò impauriva i padroni di fabbriche e di terre che vedevano in pericolo le loro ricchezze e il loro potere. Le lotte del movimento operaio culminarono nello sciopero generale del 1920 e nella famosa occupazione delle fabbriche. Ma i dirigenti del Partito socialista erano divisi, non sapevano bene che fare, i lavoratori si ritrovarono senza una direzione efficiente. I padroni ne approfittarono subito e passarono alla controffensiva. Fu allora che il fascismo tornò sulla ribalta della storia italiana: le sue squadre di teppisti vennero armate; i padroni diedero milioni ai fascisti perché infliggessero al movimento dei lavoratori una sconfitta definitiva. Il fascismo cessò così di essere una modesta avventura e divenne lo strumento principale di repressione armata del movimento dei lavoratori: se vi era uno sciopero arrivavano i fascisti e sparavano sugli scioperanti, se vi era un comizio entravano in funzione i manganellatoli. Case del popolo, Cooperative, Camere del Lavoro furono devastate e bruciate. L’intervento del governo poteva impedire al fascismo di andare al potere: ma il re, i generali, i ministri erano con i padroni e pur di soffocare il movimento dei lavoratori accettavano l’illegalità e la violenza. Ovunque i fascisti agivano con l’appoggio, più о meno aperto, della polizia e dell’esercito. Soddisfatti dell’opera dei fascisti, i padroni vollero qualcosa di più: concentrare tutte le ricchezze del paese nelle loro mani, monopolizzare, come si dice, tutta l’economia italiana. Il governo che meglio rispondeva ai loro interessi era quello fascista. Così grazie all’appoggio e alla volontà dei padroni, il fascismo potè, il 22 ottobre 1922, mandare Mussolini al potere e il 3 gennaio 1925 instaurare la più completa dittatura. Dei vecchi fascisti del 1919 rimase ben poca traccia: ora i veri capi del fascismo erano i banchieri, gli agrari, gli industriali e l’Italia cominciò a vivere gli anni più neri della sua storia.
Luigi Longo (Dalla rivista «Pioniere» 8.XI.1959)

«LA LOTTA ANTIFASCISTA»
I crimini del fascismo non potevano non provocare la giusta reazione del popolo italiano. Fin dall’inizio il fascismo si era trovata contro le forze organizzate del movimento operaio: il Partite socialista, il Partito comunista, notevoli gruppi di intellettuali. Instaurata la dittatura, l’antifascismo divenne clandestino e organizzò la lotta in condizioni difficili, spesso drammatiche. I più attivi nella lotta clandestina furono i comunisti, come dimostrano le condanne inflitte dal tribunale speciale. Essi avevano una rete organizzata, attraverso cui tennero contatti con gruppi di operai italiani e diffusero la stampa («l’Unità», «Stato operaio» ecc.), organizzarono lotte e agitazioni. Seguivano i socialisti e i gruppi di «Giustizia e Libertà». Anche altre eminenti personalità del mondo politico e culturale italiano rimasero antifasciste. Centri di resistenza al fascismo rimasero qua e là: nelle grandi fabbriche di Torino e di Milano, ad esempio, solo un’esigua minoranza di operai si iscrisse al fascio e in pieno fascismo gli operai torinesi, nel 1935, riuscirono a battere i padroni ed a respingere un loro piano di supersfruttamento. Anche nelle campagne rimasero focolai di rivolta antifascista. Ma la storia dell’antifascismo italiano, fino al 1936-1937, non va cercata in questi episodi. La sua storia è quella della clandestinità, degli eroi senza nome e senza volto che rischiavano tutto, anche la vita, per incitare alla libertà il popolo italiano. Sono mille e mille i nomi che fanno questa storia: donne valorose come Camilla Ravera, operai eroici come Guido Sola, intellettuali come Rodolfo Morandi, dirigenti politici come Luigi Longo, che varcano la frontiera clandestinamente, rientrano sotto falso nome in Italia, sono arrestati e poi, liberati, riprendono senza sosta la lotta. Nelle carceri intanto migliaia di antifascisti tengono accesa la fiaccola della libertà E questo intenso lavoro che prepara il secondo Risorgimento italiano.
(Dalla rivista «Pioniere», 8.XI.1959)

«IL POPOLO ITALIANO SOTTO IL GIOGO DEL REGIME FASCISTA»
Il fascismo che due anni e pochi mesi prima il 28 ottobre 1922 aveva conquistato il potere con Mussolini capo del governo, dividendolo un po’ con il Partito Popolare (il democristiano di allora) e con altre forze politiche, militari e borghesi, volle essere il solo padrone della vita del Paese. Instaurò la dittatura e proclamò Mussolini capo e dittatore. Da quel giorno gli italiani non furono più liberi di pensare, di riunirsi. I giornali non fascisti erano soppressi, i partiti non fascisti dichiarati illegali. Nel giro di un anno furono varate decine di leggi «fasciste» contro la libertà: furono aboliti tutti i passaporti per l’estero, chiusi i locali pubblici sospetti di essere il ritrovo degli antifascisti, perquisite le case dei cittadini; requisiti i beni dei perseguitati politici. Il 9 novembre 1925 i deputati antifascisti furono dichiarati decaduti. Nello stesso giorno fu istituita la pena di morte per i reati politici, che divenne competenza di un Tribunale Speciale con giudici fascisti. Nel 1925 la Camera dei deputati tenne la sua ultima seduta. Da allora non vi fu più un Parlamento nè elezioni. I deputati vennero nominati dal Gran Consiglio del fascismo, altrettanto avvenne per i sindaci (allora si chiamava podestà) e per tutti gli altri ufficiali pubblici. Anche il calendario cambiò e si cominciò dal 1° anno del fascismo (1922); il popolo italiano arrivò purtroppo al XX anno dell’era fascista. Uccisa la libertà, il fascismo non ebbe più freni; chi voleva trovare un lavoro doveva diventare fascista, tutto e tutti dovevano essere fascisti: fascista la scuola, fascista lo sport, fascisti i libri, fascisti i giornali, fasciste tutte le organizzazioni. Tutti gli italiani dovevano portare la camicia nera il sabato, non stringere la mano, ma salutare romanamente, usare il «voi» al posto del «Lei» e soprattutto credere, obbedire e dare sempre ragione al «duce». Il fascismo pretese d’identificarsi con l’Italia; chi non era fascista non era italiano. A chi giovava questa dittatura? Chi l’aveva voluta? La dittatura aiutava i grandi padroni delle fabbriche e dei campi, i quali privando gli italiani di qualsiasi libertà, si mettevano al sicuro da ogni possibile lotta delle masse popolari per migliorare il loro tenore di vita…
(Dalla rivista «Pioniere», 8.XI.1959)

«CADE IL FASCISMO»
L’otto settembre 1943, a tre anni dall’inizio della guerra scatenata dal fascismo, il nuovo governo italiano ottiene l’armistizio dagli angloamericani. Due mesi prima, il 25 luglio, era caduto il governo Mussolini. I grandi industriali, gli ambienti della corte reale, la casta militare, tutti coloro insomma che per più di venti anni si erano serviti del fascismo per rafforzare i propri privilegi e ridurre in catene1 il popolo vedendo la catastrofe avvicinarsi a grand passi, cercavano di correre ai ripari. Rigettavano a mare Mussolini, il loro servitore di ieri, affidando le redini del governo al maresciallo Badoglio. Ma nell’animo di tutti costoro non albergava alcuna preoccupazione per il popolo italiano, per l’avvenire del paese. Un altro era il terrore che li opprimeva: quello, cioè, che il popolo, le grandi masse lavoratrici presentassero ora il conto e chiedessero che fosse saldato.
 
«GLI SCIOPERI DEL MARZO ’1943»
Il primo, decisivo, colpo al fascismo era stato dato, prima ancora del 25 luglio, con i grandi scioperi condotti dagli operai del marzo 43 a Milano ed a Torino. Era solo il brontolio del tuono che annunciava la imminente bufera. Si trattò di un tuono che costrinse finalmente i responsabili a prendere la prima e la più indispensabile delle misure: la cacciata di Mussolini. Ma si negò ugualmente al popolo il ritorno della libertà. Il governo Badoglio, in un primo tempo, tentò addirittura di mantenere rinchiusi nelle carceri e nei luoghi di confine tutti coloro che durante gli anni precedenti si erano valorosamente battuti contro la dittatura. Ad un popolo che anelava ormai soltanto alla pace, Badoglio dice, in un suo proclama, che la «guerra continua al fianco degli alleati tedeschi». Ai partiti che vanno ricostituendosi, che ingrossano sempre più le loro file, che con sempre maggior decisione pongono il dilemma - pace о guerra? Badoglio risponde con l’infame circolare diramata il 27 luglio. Ci si preoccupa di tenere a freno, anche ricorrendo al terrore, le masse popolari. Ma non ci si preoccupa di organizzare una difesa qualsiasi contro i tedeschi, i quali, man mano che i giorni trascorrono, diventano sempre più arroganti.

«LA FUGA DEL RE E DI BADOGLIO»
Ma quando l’8 settembre viene data notizia dell’avvenuta firma dell’armistizio, questo terrore del popolo, questa paura delle masse, ha ancora una volta il sopravvento, il re e i suoi generali, compreso Badoglio, abbandonano Roma. L’esercito viene lasciato senza ordini. I tedeschi, in breve, divengono padroni della situazione. Un pugno di traditori fascisti, i «repubblichini», si schiera al loro fianco. Il Comitato di Liberazione Nazionale, costituito da tutti i partiti antifascisti, chiama alla lotta il popolo intero. Cominciano a costituirsi nelle vallate e sui monti le brigate partigiane, nelle città i primi «GAP» infliggono duri colpi al nemico, dalle ceneri della disfatta, del tradimento scocca la prima scintilla' della guerra di liberazione nazionale.
(Dalla rivista «Pioniere» del 13 settembre 1959)

  




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«CADE IL FASCISMO» «ПАДЕНИЕ ФАШИЗМА»

L’otto settembre 1943, a tre anni dall’inizio della guerra scatenata dal fascismo, il nuovo governo italiano ottiene l’armistizio dagli angloamericani. Due mesi prima, il 25 luglio, era caduto il governo Mussolini. I grandi industriali, gli ambienti della corte reale, la casta militare, tutti coloro insomma che per più di venti anni si erano serviti del fascismo per rafforzare i propri privilegi e ridurre in catene il popolo vedendo la catastrofe avvicinarsi a grand passi, cercavano di correre ai ripari. Rigettavano a mare Mussolini, il loro servitore di ieri, affidando le redini del governo al maresciallo Badoglio. Ma nell’animo di tutti costoro non albergava alcuna preoccupazione per il popolo italiano, per l’avvenire del paese. Un altro era il terrore che li opprimeva: quello, cioè, che il popolo, le grandi masse lavoratrici presentassero ora il conto e chiedessero che fosse saldato. Gli scioperi del marzo ’1943. Il primo, decisivo, colpo al fascismo era stato dato, prima ancora del 25 luglio, con i grandi scioperi condotti dagli operai del marzo 1943 a Milano ed a Torino. Era solo il brontolio del tuono che annunciava la imminente bufera. Si trattò di un tuono che costrinse finalmente i responsabili a pren¬dere la prima e la più indispensabile delle misure: la cacciata di Mussolini. Ma si negò ugualmente al popolo il ritorno della libertà. Il governo Badoglio, in un primo tempo, tentò addirittura di mantenere rinchiusi nelle carceri e nei luoghi di confine tutti coloro che durante gli anni precedenti si erano valorosamente battuti contro la dittatura. Ad un popolo che anelava ormai soltanto alla pace, Badoglio dice, in un suo proclama, che la «guerra continua al fianco degli alleati tedeschi». Ai partiti che vanno ricostituendosi, che ingrossano sempre più le loro file, che con sempre maggior decisione pongono il dilemma - pace о guerra? - Badoglio risponde con l’infame circolare diramata il 27 luglio. Ci si preoccupa di tenere a freno, anche ricorrendo al terrore, le masse popolari. Ma non ci si preoccupa di organizzare una difesa qualsiasi contro i tedeschi, i quali, man mano che i giorni trascorrono, diventano sempre più arroganti.

  




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