«LA SCHIAVITU’ DEL PENSIERO»

La CIA indaga su presunti soldi russi alla Lega; le banche italiane, col pretesto della lotta al terrorismo, si accodano codardamente ai dettami d’oltreoceano e lasciano in quarantena qualsiasi somma proveniente dalla Russia; anche gli amici del buon senso, a casa nostra come in altri paesi europei, preferiscono la cautela nei rapporti con lo scomodo vicino.
L’unico a preferire alla prudente diplomazia l’istinto del cuore è Matteo Salvini. Diretto perche’ non ha paura di se stesso, audace perchè la lotta non lo spaventa, appassionato perchè il suo amore non sa chiudersi in cucina.
Matteo proclama dai vari pulpiti del mondo la sua comunanza di pensiero con un Paese discriminato non per reali violazioni dei diritti dell’uomo, non per presunte prevaricazioni annessionistiche, ma solo perchè si oppone ad una visione del mondo unipolare, che vorrebbe dominare sulle divisioni tra i popoli e costruire il proprio benessere sulle rovine altrui.
Un Paese discrimato dagli atavici risentimenti di una donna dell’Est europeo, la signora Merkel, che non sa darsi pace dei presunti torti subiti dal proprio Paese nell’era sovietica. Ma se il Matteo leghista va a Mosca non certo per riscuotere lo stipendio, ma per mantenere ancora intatto quel filo, che tanti vorrebbero spezzare, tra i nostri due Paesi, in attesa che lo sdegno popolare faccia rinsavire il vertice malato della politica, l’altro Matteo, il sindaco d’Italia, pensando di essere a Firenze, pretende di stringere impunito la mano a Putin dopo aver deposto i fiori sul luogo simbolo dell’opposizione al Cremlino, il posto dove, da mani ancora ignote, è stato ucciso il deputato Nemzov, simbolo di un’opposizione da tempo sbiadita al potere e con un passato non certo piu’ candido di tanti suoi amici politici (?) rifugiatosi a Londra con i soldi rubati al popolo russo.
Che il sindaco Matteo perda ogni autorevolezza quando per andare all’estero debba togliersi la fascia tricolore e’un fatto ormai risaputo; ma dov’è quella Sinistra che pure dovrebbe seguirlo nelle sue battaglie di libertà e dare decoro e conforto al suo debole e vacillante passo sull’arena mondiale?
Vive negli agi di un narcisistico pensiero di emancipazione senza discrimine che si è fatto potere. Quando le sedi dei nonni, oggi rinnegati, degli attuali democratici di sinistra avevano il Che a presenziare in cornice alle appassionate discussioni sull’imperialismo americano e sulla sua nefasta influenza sulla cultura dell’umanità, loro, i nuovi rappresentanti della sinistra, sgambettavano nei cortili delle parrocchie e riducevano il loro impegno civile all’adempimento del decalogo del buon boy scout.
Oggi questa sinistra, proveniente dal centro e che pensa ancora di stare in parrocchia, promuove la fratellanza universale; tra ladri e derubati, tra servi fedeli dello Stato e suoi nemici dichiarati, tra cittadini rispettosi e arroganti invasori, tra chi vorrebbe custodire i valori secolari e chi, invece, si abbandona ai capricci del nostro secolo, tra bambini nati da madri e figli attribuiti a soli padri.
In questa sinistra salottiera e di potere il libero pensiero è divenuto un tabù. Il pensiero maschile, ossia quello pregno di nerbo logico, è bandito dalle discussioni pubbliche (sebbene molto diffuso al riparo da orecchie indiscrete!) per ossequio allo sprolochio lacrimoso e femmineo di chi si aggrappa con le unghie all’audience politica per non precipitare nel baratro del dimenticatoio.
Intellettuali di facciata, casse di risonanza di interessi politici. Questo è il clima che si respira adesso tra i vecchi muri non più presidiati dal Comandante argentino. Certo, il dibattito è ancora possibile, ma solo dopo aver deposto la tessera di partito o lasciato ad altri la comoda sedia del potere. Mai si era vista un omertà di pensiero così totalizzante! Mai la libertà di opinione aveva indossato la camicia di forza dell’autocensura a maglie così strette e penalizzanti.
Dicono di Matteo il leghista che i suoi pensieri non si eleveranno mai a libro, che il suo linguaggio disturba le orecchie sensibili di intellettuali effeminati o di donne che si sentono madri del mondo e profondono il loro incommensurabile amore su chiunque non insozzi i loro tappeti di casa.
Già, Matteo parla col cuore perchè il suo libro è stato la vita e non gli ha insegnato il linguaggio della compiacenza. Molto meglio la sua retorica di strada, che il fumo oscurante di parole modulate sui toni di una inumana modernità che procuri orgasmo estetico a signore annoiate e insegni alle masse ignoranti (?) ad elevarsi al compito storico della globalizzazione.

Bruno Giancotti - Socio LombardiaRussia
18 Febbraio 2016 - Mosca