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IL BILDERBERG PENSA ALLA CINA
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IL BILDERBERG PENSA ALLA CINA

Quando i fattorini del Club di Davos e del Bilderberg guardano alla Grande Scacchiera, si rendono conto che l'era degli eterni pranzi gratis è finita


Pepe Escobar
strategic-culture.org

In modo discreto, quatto quatto come un virus incombente, è in corso a Washington la 68a riunione del Bilderberg. Niente teorie cospiratorie su una “cabala segreta,” per favore. Si tratta solo di un docile “gruppo eterogeneo di leader politici ed esperti” che si fa una chiacchierata, qualche risata e un brindisi.

Tuttavia, non si può fare a meno di notare che la scelta del luogo parla più dell’intera (già bruciata fino alle fondamenta) Biblioteca di Alessandria. Nell’anno in cui si preannuncia l’esplosione della tanto attesa guerra per procura tra NATO e Russia, discutere della sua miriade di ramificazioni si addice alla capitale dell’Impero della Menzogna, molto più che a Davos, dove qualche settimana fa un certo Henry Kissinger ha mandato tutti in fibrillazione sostenendo la necessità di un compromesso tossico chiamato “diplomazia.”

L’elenco dei partecipanti al Bilderberg 2022 è una gioia da sfogliare. Ecco qualcuno dei protagonisti:

James Baker, consigliere straordinario, ora semplice direttore dell’Office of Net Assessment del Pentagono.

José Manuel Barroso, ex capo della Commissione Europea, poi beneficiario di un paracadute d’oro come presidente di Goldman Sachs International.

Albert Bourla, il pezzo grosso di Pfizer.

William Burns, direttore della CIA.

Kurt Campbell, l’uomo che aveva inventato il “perno sull’Asia” di Obama/Hillary, ora coordinatore della Casa Bianca per l’Indo-Pacifico.

Mark Carney, ex Banca d’Inghilterra, uno degli ideatori del Grande Reset, ora vicepresidente di Brookfield Asset Management.

Henry Kissinger, voce dell’establishment (o criminale di guerra: scegliete voi).

Charles Michel, presidente del Consiglio Europeo.

Minton Beddoes, caporedattore dell’Economist, che riferirà fedelmente tutte le principali direttive del Bilderberg nei prossimi articoli di copertina della rivista.

David Petraeus, perdente garantito contro infinite ribellioni e presidente del KKR Global Institute.

Mark Rutte, il bellicoso primo ministro dei Paesi Bassi.

Jens Stoltenberg, pappagallo N°1 della NATO, pardon, segretario generale.

Jake Sullivan, direttore del Consiglio di Sicurezza Nazionale.


Le affiliazioni ideologiche e geopolitiche di questi membri del “gruppo eterogeneo” non hanno bisogno di ulteriori elaborazioni. La cosa si fa ancora più sexy quando vediamo di che cosa discuteranno.

Tra gli altri temi troviamo “le sfide della NATO,” “il riallineamento dell’Indo-Pacifico,” “la continuità del governo e dell’economia” (per i cospirazionisti: continuità in caso di guerra nucleare), “l’interruzione del sistema finanziario globale” (già in atto), “la salute post-pandemia” (per i cospirazionisti: come progettare la prossima pandemia), “il commercio e la de-globalizzazione” e, naturalmente, le bistecche Wagyu di prima scelta: Russia e Cina.

Poiché il Bilderberg segue le regole di Chatham House, i comuni mortali non avranno la minima idea di ciò che hanno effettivamente “proposto” o approvato, e nessuno dei partecipanti sarà autorizzato a parlarne con altri. Una delle mie principali fonti newyorkesi, che ha accesso diretto alla maggior parte dei Padroni dell’Universo, ama dire che Davos e Bilderberg sono solo per i fattorini: quelli che comandano davvero non si prendono nemmeno la briga di presentarsi, fanno tutto in segreto, nei loro incontri ultra-privati in club ultra-privati, dove vengono prese le vere decisioni.

Tuttavia, chiunque segua in dettaglio lo stato di degrado dell'”Ordine Internazionale Basato Sulle Regole” avrà un’idea abbastanza precisa delle chiacchiere del Bilderberg 2022.

Cosa dicono i Cinesi


Il Segretario di Stato Little Blinken – spalla di Sullivan nel remake di Scemo e più scemo dell’amministrazione Crash Test Dummy – ha recentemente affermato che, in Ucraina, la Cina “sostiene” la Russia invece di rimanere neutrale.

La verità è che Little Blinken sta insinuando che Pechino vuole destabilizzare l’Asia-Pacifico, il che è una vera assurdità. Eppure questa è la narrazione principale che deve spianare la strada agli Stati Uniti nel loro rafforzamento dell’”Indo-Pacifico.” Ed è questo il pacchetto di istruzioni che Sullivan e Kurt Campbell consegneranno al “gruppo eterogeneo.”

Davos (con il suo nuovo mantra autoproclamato “La grande narrazione”) ha completamente trascurato la Russia. Il Bilderberg si occupa soprattutto del contenimento della Cina, che, dopo tutto, è la minaccia esistenziale numero uno per l’Impero della Menzogna e le sue satrapie.

Piuttosto che aspettare i bocconi del Bilderberg dispensati dall’Economist, è molto più produttivo verificare cosa pensa del racket denominato l'”Occidente collettivo” una sezione trasversale dell’intellighenzia cinese che si basa sui fatti.

Cominciamo con Justin Lin Yifu, ex capo economista della Banca Mondiale e ora preside dell’Istituto di Nuova Economia Strutturale dell’Università di Pechino, e Sheng Songcheng, ex capo del Dipartimento di Indagine Finanziaria e Statistica della Banca di Cina.

Entrambi sostengono che se la Cina raggiungerà il “contagio dinamico zero” sulla Covid-19 entro la fine di maggio (cosa che è effettivamente accaduta: si veda la fine del blocco di Shanghai), nel 2022 l’economia cinese potrebbe crescere del 5,5% .

I due economisti respingono il tentativo imperiale di creare una “versione asiatica della NATO”: “Finché la Cina continuerà a crescere ad un ritmo più elevato e ad aprirsi, i Paesi europei e quelli dell’ASEAN non cadranno nella trappola statunitense del disaccoppiamento, questo per mantenere la loro crescita economica e la creazione di posti di lavoro.

Tre accademici dell’Istituto di studi internazionali di Shanghai e dell’Università di Fudan toccano lo stesso punto: l’annunciato “Indo-Pacific Economic Framework,” che dovrebbe essere il pilastro economico della strategia indo-pacifica, non è altro che un macchinoso tentativo di “indebolire la coesione interna e l’autonomia regionale dell’ASEAN.”

Liu Zongyi sottolinea che la posizione della Cina al centro delle vaste e interconnesse catene di approvvigionamento asiatiche “si è consolidata,” soprattutto ora con l’avvio del più grande accordo commerciale del pianeta, il Partenariato Economico Globale Regionale (RCEP).

Chen Wengling, economista capo di un think tank della Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme, sottolinea la “guerra ideologica e tecnologica globale contro la Cina” lanciata dagli Americani.

Ma ci tiene a sottolineare che “non sono pronti per una guerra calda, dato che l’economia statunitense e quella cinese sono così strettamente legate.” Il fattore cruciale è che “gli Stati Uniti non hanno ancora compiuto progressi sostanziali nel rafforzamento della loro catena di approvvigionamento per quanto riguarda quattro settori chiave, tra cui quello dei semiconduttori.

Chen si preoccupa della “sicurezza energetica della Cina“; del “silenzio della Cina” sulle sanzioni statunitensi contro la Russia, che “potrebbero provocare ritorsioni da parte degli Stati Uniti” e, soprattutto, di come sarà influenzato “il piano della Cina di costruire la Belt and Road Initiative (BRI) con l’Ucraina e i Paesi dell’UE.” In pratica, la BRI privilegerà i corridoi economici attraverso l’Iran e l’Asia occidentale, nonché la Via della Seta Marittima, invece del corridoio transiberiano attraverso la Russia.

Tocca a Yu Yongding, dell’Accademia Cinese delle Scienze Sociali (CASS) ed ex membro del Comitato di Politica Monetaria della Banca Centrale, andare alla giugulare, notando che “il sistema finanziario globale e il dollaro USA sono stati trasformati in strumenti geopolitici. Il comportamento nefasto degli Stati Uniti nel congelare le riserve valutarie non solo ha seriamente danneggiato la credibilità internazionale degli Stati Uniti, ma ha anche scosso le fondamenta creditizie del sistema finanziario internazionale dominante in Occidente.

Parla poi del consenso tra i servizi segreti cinesi, secondo cui “se ci sarà un conflitto geopolitico tra gli Stati Uniti e la Cina, i beni cinesi all’estero saranno seriamente minacciati, soprattutto le sue enormi riserve. Pertanto, è urgente adeguare la composizione delle attività e delle passività finanziarie esterne della Cina e ridurre nel suo portafoglio di riserve la quota di beni denominati in dollari.

Questa scacchiera fa schifo


In quasi tutti i settori della società cinese è in corso un serio dibattito sulla militarizzazione da parte americana del casinò finanziario mondiale. Le conclusioni sono inevitabili: sbarazzarsi dei Buoni del Tesoro statunitensi, in fretta, con ogni mezzo necessario; aumentare le importazioni di materie prime e materiali strategici (da qui l’importanza del partenariato strategico Russia-Cina); mettere saldamente al sicuro gli asset all’estero, soprattutto le riserve valutarie.

Nel frattempo il “gruppo eterogeneo” del Bilderberg, dall’altra parte dello stagno, sta discutendo, tra le altre cose, di cosa accadrebbe realmente nel caso in cui dovessero far saltare il racket del FMI (un piano chiave per attuare il Grande Reset, o la “Grande Narrazione”).

Stanno iniziando a dare letteralmente di matto con il lento ma inesorabile emergere di un sistema monetario/finanziario alternativo, basato sulle risorse: esattamente quello che l’Unione Economica dell’Eurasia (EAEU) sta attualmente discutendo e progettando, con il contributo cinese.

Immaginate un sistema anti-Bilderberg in cui un paniere di attori del Sud globale, ricchi di risorse ma economicamente poveri, siano in grado di emettere le proprie valute sostenute da materie prime e di uscire finalmente dallo status di ostaggi del FMI. Tutti questi attori stanno prestando molta attenzione all’esperimento della Russia che offre gas in cambio di rubli.

E, nel caso specifico della Cina, ciò che conterà sempre saranno i capitali produttivi alla base di un’infrastruttura industriale e civile massiccia ed estremamente radicata.

Non c’è da stupirsi che i fattorini di Davos e del Bilderberg, quando guardano la Grande Scacchiera, siano pieni di timore: l’era degli eterni pranzi gratis è finita. Ciò che farebbe la gioia di tutti i cinici, scettici, neoplatonici e taoisti è che sono stati gli uomini (e le donne) di Davos-Bilderberg ad essersi messi con le spalle al muro, in un vero e proprio zugzwang.

Tutti in ghingheri e senza un posto dove andare. Persino Jamie Dimon di JP Morgan – che non si è nemmeno preoccupato di andare al Bilderberg – è spaventato e ha detto che sta arrivando un “uragano economico.” E rovesciare la scacchiera non è una soluzione: al massimo potrebbe indurre ad una visita di cerimonia Mr. Sarmat e Mr. Zircon, che arriverebbero per un brindisi ipersonico.

Pepe Escobar

Fonte: strategic-culture.org
Link: https://www.strategic-culture.org/n...erg-does-china/
03.06.2022
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org


(fonte: https://comedonchisciotte.org/il-bilderberg-pensa-alla-cina/)
  



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