Oggetto: «BORIS GODUNOV» di Modest Mussorgskij 
Qualche fotografia di scena

 

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Belle foto, grazie Orphicus.
Si direbbe proprio uno spettacolo molto riuscito, ma tu l'hai visto? Quali sono le tue impressioni?
Io non ho ancora letto o ascoltato commenti al riguardo.
Purtroppo, invece, ho sentito e letto cose brutte sul "Trovatore" di Verdi al Teatro Regio di Parma, diretto da Jurij Temirkanov... sembra che sia stato una specie di disastro, attaccato duramente dal pubblico in sala e dalla critica.

 
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Io vedrò "Boris Godunov" questo pomeriggio nei prossimi giorni vi farò sapere le mie impressioni. "Il trovatore" di Parma non l'ho invece visto, quindi non sono in grado di giudicare anche se ho letto commenti molto negativi al riguardo.

 
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Benissimo, allora attendiamo con impazienza!
Per quanto riguarda "Il trovatore" a Parma di Temirkanov, neanch'io ovviamente l'ho visto, ma, oltre ad aver letto dei commenti assai negativi, soprattutto per la cantante Mariana Tarasova, ho avuto modo di ascoltare alla radio alcuni passaggi davvero confusi e cacofonici, una specie di carnevale, che mi hanno fatto concordare con i commenti letti ed ascoltati.

 
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Parlare del “Boris Godunov” che ha aperto la stagione 2010/11 del Teatro Regio di Torino impone alcune considerazioni di carattere filologico, che spero non risultino troppo noiose per i lettori. Senza addentrarsi nel ginepraio di contrastanti versione che caratterizzano quest’opera bisogna comunque dire che quello che si è eseguito a Torino è un pastiche che seppur non privo di forza drammatica non risultava particolarmente convincente.

In linea di massima si è eseguita la versione del 1869 – il cosiddetto Ur-Boris – quindi priva dell’atto polacco ma anche di molti elementi folklorici che magari possono risultare dispersivi dal punto di vista drammaturgico ma contribuiscono a creare quel clima di grande epopea corale che è fra i tratti caratteristici del “Boris Godunov”: la canzone dell’ostessa, quella della nutrice di Ksenija e quella di Fëdor – pagine che per altro danno una maggior consistenza ai pochi personaggi femminili presenti. Rispetto a questa versione non sono poi mancate modifiche scarsamente giustificabili dal punto di vista filologico: in primo luogo si è eseguita la scena della foresta di Kromy (introdotta nel 1872) priva però dell’episodio dei gesuiti inoltre si è invertita la successione delle scene con la foresta anticipata alla morte di Boris, scelta secondo me molto opinabile in quanto il cuore della vicenda è la tragedia infinita del popolo russo che trova la sua più sublime esemplificazione nel lamento dello Jurodovij che termina l’opera in un contesto di totale indeterminatezza. Un parziale tentativo a riguardo si è compiuto recuperando il tema di “Ljéites, ljéites sljozy górkyie” al termine della scena finale, giustapposizione totalmente arbitraria.

Passando da queste – per altro non marginali – note introduttive allo spettacolo vero e proprio si può cominciare dalla parte visiva. L’impianto scenico di Graziano Gregori appariva fin troppo essenziale: scene vuote, costituite da pareti lignee semoventi e da passerelle praticabili con scarsi elementi aggiuntivi – le icone nel monastero di Chudov, un grande turibolo di dubbio significato nella foresta di Krony – e alcuni elementi di arredo chiamati a definire i singoli ambienti. Splendidi di contro i costumi di Carla Teti, capaci di evocare lo sfarzo della corte moscovita come la miseria del popolo russo.

All’interno di questo contenitore visivo il regista Andreij Konchalovskij realizza uno spettacolo di notevole forza visiva, spesso di esibita violenza: la visione della camera della tortura quando Boris minaccio Šujskij; le sevizie cui sono sottoposti i boiari dal parte del popolo in rivolta; la sprezzante durezza con cui l’ufficiale di polizia si impone alla folla nel quadro di Novodievici. Scene decisamente forti ma estremamente efficaci nell’evocare un mondo dominato da violenza e sopraffazione di cui tutti – comproso lo zar – sono sostanzialmente vittime.

Degne di nota alcune soluzioni registiche di pretta matrice pittorica come la processione degli storpi a Novodievici che riportava alla mente una variazione in chiave rinascimentale del celebre “La processione nel distretto di Kursk” di Ilja Repin e ancor più il termine della scena della pendola con Boris che stringe al seno il figlioletto sporco del vino di una coppa rovesciata dallo zar nel suo delirio che assume però il colore del sangue sul bianco vestito dello zarevic che subito richiama alla mente un altro dipinto di Repin, quello in cui Ivan il terribile stringe il corpo insaguinato del figlio, da lui stesso ucciso.

Altrove la regia cadeva invece in un bozzettismo fin troppo ingenuo: il piccolo Fëdor che accompagna Boris nell’incoronazione e che lo zar abbraccia per evitargli il contatto con gli storpi che chiedono l’elemosina; la scena del copeco e più in generale i movimenti delle masse corali decisamente meno curati.

La parte musicale era saldamente tenuta in pugno da Gianandrea Noseda, alla prese con un titolo particolarmente congeniale alla sua personalità. Il risultato è una direzione energica, scavra, priva di concessioni edonistiche e quindi ideale per valorizzare i tratti più caratteristici dell’orchestrazione mussorgskijana. La perfetta sintonia fra direttore e orchestra ha permesso di mantenere un’altissima tensione drammatica per tutta l’esecuzione con momenti di particolare efficacia nell’ultimo quadro. Semplicemente straordinaria la prova offerta dal coro del Teatro Regio (direttore Roberto Gabbiani) e del coro di voci bianche sotto la guida di Claudio Fenoglio.

L’altissimo livello della direzione trovava riscontro in un cast di livello sostanzialmente molto buono. Protagonista di rilievo si è mostrato il basso bulgaro Orlin Anastassov, che ha tratteggiato un zar giovanile, irruento all’occasione ma capace di uomini ripiegamenti. La voce non è imponente ma corre con facilità, gli acuti sono sicuri e timbrati, la linea di canto sempre corretta; qualche scivolamento di troppo nel declamato così come qualche eccesso interpretativo vanno probabilmente visti all’interno di una scelta interpretativa che guarda più che a Ghiaurov – come si potrebbe prevedere per un giovane cantante bulgaro – ad una certa scuola storica russa.

Vladimir Vannev sostituiva l’indisposto Sergeij Aleksaškin nel ruolo di Pimen. Voce imponente, scultorea anche se di colore non bellissimo e interprete partecipe tratteggia un Pimen insolitamente deciso, in cui gli impeti giovanili sembrano ancor prevalere sulla serenità dell’asceta. Personalmente preferisco una voce di autentico basso per il ruolo – mentre Vaneev ha tratti decisamente baritonali – ma nell’insieme la sua prestazione è stata decisamente aprezzabile seppur priva di quell’alloure mistica che dovrebbe circondare l’anziano cronachista.

Degna di nota anche la prova del terzo basso il veterano Vladimir Matorin che come Varlaam sfoggia ancora una voce di tutto rilievo, robusta e timbrata, unita a notevoli doti di interprete. Fra i tenori si sono distinti Peter Broder uno Šujskij meno viscido del solito ma proprio per questo particolarmente efficace in una malvagità non palesemente esibita ed Evgenij Akimov che presta una voce molto bella al dolcissimo canto dello Jurodovij. Molto più deludente Ian Storey nei panni di Grigorij: voce ampia, imponente, persino troppo eroica per un personaggio dominato da fragilità e nevrosi. Sul piano vocale si riscontra un’emissione spesso poco controllata ed evidenti durezze sono apparse nella scena della foresta mentre l’interprete appare decisamente generico per un ruolo tanto complesso.

Fra le numerose parti di fianco meritano una nota particolare Vasilij Ladjuk, un Andreij Ščelkalov di insolito rilievo e di squillo quasi tenorile e il bravissimo Pavel Zubov, voce bianca nel ruolo di Fëdor. Le parti femminili – molto penalizzate nell’edizione scelta – contavano sulla luminosa Ksenija di Alessandra Marianelli, sull’ostessa di Nadežda Serdjuk e sulla nutrice di Elena Sommer, tutte voci che sarebbe stato piacevole ascoltar maggiormente.

Gli altri personaggi contribuiscono validamente alla riuscita di uno spettacolo particolarmente riuscito nella compiuta interazione di tutte le sue componenti

 
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Grazie del tuo puntuale e accurato resoconto, peraltro assai interessante e ben esposto, su questo evento molto atteso, caro Orphicus.
Mi sembra di capire che, a parte alcune riserve e appunti sull'impianto scenico e filologico, nel complesso questo Boris Godunov nella regia di Andrej Koncialovskij è stato un successo.
Ne sono molto contento, ho una grande stima e ammirazione per Andrej Koncialovskij, e sono lieto che tu abbia condiviso con tutti noi le tue impressioni.

 
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«BORIS GODUNOV» RITORNATO
ВЕРНУВШИЙСЯ «БОРИС ГОДУНОВ»
www.Bolshoi.ru

Essendo tornato al palcoscenico storico, il Teatro Bolshoj di Mosca comincia successivamente a ricuperare i suoi grandi spettacoli. Come il primo ritornerà la nostra «riserva aurea», il celebre spettacolo «Boris Godunov» («Борис Годунов») nell’allestimento restaurato dell’anno 1948. Lo spettacolo che nel corso di più 50 anni restava invariato e suscitava l’ammirazione e l’entusiasmo del pubblico russo.
Nel 1948 questo spettacolo fu realizzato dai noti maestri del Teatro Bolshoj, il direttore d’orchestra Nikolaj Golovànov (Николай Голованов 1891-1953), il regista Leonid Baràtov (Леонид Баратов 1895-1964) e lo scenografo Fiodor Fedoròvskij (Фёдор Федоровский 1883-1955).
È un «rarità da museo» che vale la pena di custodirla. «Boris Godunov» è la quintessenza della musica lirica russa. Però i pezzi da museo non dovranno essere coperti con polvere.

 

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Vjaceslàv Kozljakòv Вячеслав Козляков
«BORIS GODUNOV» «БОРИС ГОДУНОВ»
Collana: «Vita degli Uomini Eccelenti» (ЖЗЛ: «Жизнь Замечательных Людей»)
Casa Editrice «Molodaja Gvardia» Mosca 2011 (Pagine 352)
Издательство «Молодая Гвардия» Москва 2011

Alla maggioranza di noi lo Zar Boris Godunov ancora oggi si presenta così come lo raffigurò nella sua tragedia Aleksandr Pushkin. Per la prima volta nella storia russa Boris ottenne il potere sommo non in forza dell’origine, non nel pieno diritto per l’appartenenza alla dinastia regnante, ma grazie alla propria mente, capacità e abilità nel governare uno stato. Boris Godunov fece molto per il bene della Patria, ma nella memoria di generazione in generazione lo stesso resta come l'assassino crudele dell’infelice zarevich Dimitrij (царевич Димитрий), l’ultimo rampollo della dinastia Rùrikovich (династия Рюриковичей). L’ombra dello zarevich assassinato senza colpa tallonava Boris Godunov per tutta la sua vita ed alla fin dei conti divenne la causa del crollo di tutte le sue imprese e della morte della sua famiglia. Ma era colpevole di quel delitto? Che cosa prevale nel suo regno, il genio o l’efferatezza? Possono coesistere queste qualità nello stesso uomo? Di tutto questo e della storia russa a cavallo di XVI- XVII secoli, sta ragionando nel suo nuovo libro «BORIS GODUNOV» il noto storico Viaceslav Kozljakòv (Вячеслав Козляков).

 

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Descrizione: Vjaceslàv Kozljakòv «BORIS GODUNOV»
Collana: «Vita degli Uomini Eccelenti»
Casa Editrice «Molodaja Gvardia» Mosca 2011 (Pagine 352) 
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Oggetto: «BORIS GODUNOV» di Modest Mussorgskij
Modest Mussorgskij Модест Мусоргский
«BORIS GODUNOV» «БОРИС ГОДУНОВ»
Redazione di Nikolaj Rimskij-Korsakov
Coro e Orchestra del Teatro Bolshoj di Mosca
Direttore: Boris Khajkin (1978)

PERSONAGGI E INRERPRETI:
Boris Godunob: Evghenij Nesterenko (Евгений Нестеренко)
Falso Dimitrij: Vladislav Pjavko (Владислав Пьявко)
Pimen: Valerij Jaroslavtsev (Валерий Ярославцев)
Marina Mnishek: Irina Arkhipova (Ирина Архипова)
Ksenija: Galina Kalinina (Галина Калинина)
Jurodivyj: Aleksej Maslennikov (Алексей Масленников)
Varlaam: Artur Ejzen (Артур Эйзен)
Fiodor: Glafira Koroliova (Глафира Королева)
Shujskij: Andrej Sokolov (Андрей Соколов)

 

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Lo spettacolo lirico del Teatro Bolshoj «Boris Godunov» di Modest Mussorgskij trasmetterà il Canale televisivo francese «MEZZO». La trasmissione in diretta dal Teatro Bolshoj si svolge il 19 dicembre 2019.

 
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«BORIS GODUNOV» «БОРИС ГОДУНОВ»

L'8 febbraio 1874, l'opera «Boris Godunov» («Борис Годунов») di Modest Mussorgskij fu presentata per la prima volta al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo. Rifletteva la storia della Russia tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo. Il cosiddetto «Il Tempo di guai» («Смутное время») si sta preparando nel paese e l'esercito di False Dmitrij (Лжедимитрий) avanza su Mosca. Il pathos dell'opera Modest Mussorgskij ha formulato come segue: «Capisco le persone come una grande personalità, animata da un'unica idea». Lo stesso compositore si occupò della composizione del libretto, basato sulla tragedia di Aleksandr Pushkin e sui materiali della «Storia dello Stato russo» («История Государства Российского») di Nikolaj Karamzin. Ha presentato l'opera finita alla Direzione dei Teatri Imperiali e per diversi anni ha cercato la prima, apportando modifiche alla trama e alla colonna sonora sotto la pressione dei funzionari. Il pubblico ha accolto con entusiasmo «Boris Godunov». Ma si diceva che alla famiglia imperiale non piacesse il lavoro.

 
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Nel 1598, dopo la morte dello zar russo Fiodor Ivanovich, il Concilio Panrusso (Земский Собор) elesse Boris dalla famiglia Godunov al regno e gli giurò fedeltà. Possiamo dire che questa ascesa al trono fu un evento puramente formale, perché sotto il precedente monarca egli governava effettivamente lo stato. Sotto Godunov iniziò un «Tempi Torbidi» («Смутные Времена») in Russia, ma il paese iniziò ad avvicinarsi all'Occidente e il primo sistema di approvvigionamento idrico fu costruito a Mosca. Lo zar patrocinava costruttori e architetti, soppresse brutalmente l'opposizione boiardo e rafforzò la servitù della gleba dei contadini. Il regno di Boris Godunov fu accompagnato dall'invasione della Russia da parte dell'esercito polacco, guidato da False Dmitrij I, l'autoproclamato pretendente al trono russo. Vividi eventi storici hanno ispirato Aleksandr Pushkin a creare il dramma storico «Boris Godunov». L'autore ha sottotitolato il saggio «Una commedia su una vera disgrazia per lo stato moscovita, sullo zar Boris e Grishka Otrepiev» («Комедия о настоящей беде Московскому государству, о царе Борисе и Гришке Отрепьеве»). Nel 1869, il compositore Modest Mussorgskij completò la prima edizione dell'opera «Boris Godunov», il cui libretto era basato sul dramma di Pushkin e sulla «Storia dello Stato Russo» («История Государства Российского») in più volumi di Nikolaj Karamzin.

 
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