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«Draghi: O Cade Il Cremlino, O Crolla L'Unione Europea»
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Messaggio «Draghi: O Cade Il Cremlino, O Crolla L'Unione Europea» 
 
«Draghi: O cade il Cremlino, o crolla l'Unione Europea»


Capita davvero raramente di leggere articoli della stampa mainstream per i quali vale davvero la pena spendere il prezzo del giornale cartaceo.

Oggi il Sole 24 Ore pubblica uno di questi articoli: si tratta di una preziosa prolusione di Mario Draghi l'Amerikano nell'ambito della consegna al Massachusetts Institute of Technology del Miriam Pozen Prize del quale è stato insignito (1).

Verrebbe da pensare, dato lo smalto dimostrato da Draghi, che in questi mesi di eremo umbro abbia ritemprato l'animo (dopo la bocciatura alla Presidenza della Repubblica) ed ora sia pronto a combattere nuove battaglie.

Si è trattato di una prolusione davvero ad ampio spettro, quasi un bilancio di questi trenta anni di globalizzazione, di integrazione europea e di presunta Pax Liberale Americana. Un bilancio non privo di autocritica, e questo fa davvero onore a Mario Draghi, anche se, mi permetto di dire, non lo solleva dalle personali responsabilità politiche essendo stato uno dei massimi architetti dell'ordine che ha regolato il mondo in questi decenni.

Anni di globalizzazione dove a detta di Draghi: «Supponevamo che le istituzioni che avevamo costruito, insieme ai legami economici e commerciali, sarebbero state sufficienti per prevenire una nuova guerra di aggressione in Europa. E credevamo che le banche centrali indipendenti avessero padroneggiato la capacità di limitare le aspettative di inflazione, al punto da temere una stagnazione secolare».

In pratica quella di Draghi è una piena confessione che l'Unione Europea (e la moneta unica) sono state basate su assunti sbagliati che ci hanno portato alla guerra alle porte dell'Europa.

Ovviamente non può dire la causa principale del fallimento che è legata certamente all'accrescimento dei legami economici e commerciali (come li chiama lui stesso): il problema è che questi legami economici e commerciali non erano equi, ma erano sfacciatamente vantaggiosi per qualcuno e enormemente dannosi per altri.

Ovviamente non c'era alcun problema; fino a quando a subire il colonialismo (tale era di fatto) nord europeo erano i paesi del sud europa. Ma quando la situazione è diventata insostenibile per gli USA e per la Gran Bretagna la musica è cambiata.

Washington e Londra hanno fatto saltare in aria tutto demolendo il meccanismo perfetto che la Merkel aveva costruito a vantaggio della Germania e degli altri stati nordeuropei: fine dell'energia a basso costo dalla Russia e fine del mercato di sbocco della stessa Mosca, sempre a causa delle sanzioni.

Da questo si ha anche la fine della leggenda che le politiche monetarie delle banche centrali riescano a garantire potere d'acquisto stabile alla moneta: questo è avvenuto a causa dell'esplosione dei costi dell'energia che ha comportato la crescita esponenziale dell'inflazione con relativo crollo del potere d'acquisto per le famiglie e la perdita di competitività per le imprese nei confronti della concorrenza extra europea.

Insomma, il paradigma su cui è stata fondata tutta la costruzione europea degli ultimi trenta anni (dal trattato di Maastricht) è miseramente fallito e lo ammette anche Draghi, anche se si guarda bene dallo spiegare le motivazioni di fondo, ma sarebbe stato onestamente pretendere troppo.

E dunque che fare? E' lo stesso Draghi a porsi la domanda, arrivando alla conclusione che per l'Europa e l'Occidente non c'è altra scelta che sconfiggere la Russia e abbattere Putin: «I valori esistenziali dell’Unione europea sono la pace, la libertà e il rispetto della sovranità democratica ed è per questo che non c’è alternativa per gli Stati Uniti, l’Europa e i loro alleati ad assicurare che l’Ucraina vinca questa guerra». Sempre Draghi sottolinea che questo potrà avvenire solo a costo di «un conflitto prolungato al confine orientale dell’Europa».

Una vera e propria dichiarazione di intenti da parte di una persona che ha senza dubbio accesso alle Segrete Stanze dove si decidono i destini dei popoli.

Quindi un passaggio questo da prendere con la massima considerazione ovviamente al netto del passaggio retorico sui “sacri valori europei” dei quali francamente non importa nulla a nessuno, tantomeno a chi ci governa come, appunto, Draghi. Ciò che è in ballo è molto più prosaico: la permanenza dell'Occidente nel ruolo di monopolista mondiale del potere politico, militare, economico, finanziario e diplomatico. Insomma, ciò che è in ballo è la gerarchia di potere nata dalla sconfitta dell'Unione Sovietica e dal crollo del Muro di Berlino.

Ma Draghi non ci risparmia neanche l'indicazione sul modo in cui l'Europa e l'Occidente dovranno affrontare questa fase difficilissima che si annuncia come un vero e proprio tornante della storia: «In primo luogo, l’Ue deve essere disposta a rafforzare le proprie capacità di difesa. Questo è essenziale per aiutare l’Ucraina per tutto il tempo necessario e per fornire una deterrenza significativa contro la Russia». Poi continua dicendo che: «dobbiamo essere pronti a iniziare un viaggio con l’Ucraina che porti alla sua adesione alla Nato».

Insomma, per sconfiggere la Russia dobbiamo prepararci ad una guerra di lungo periodo; preparare un esercito unico europeo (per mandare contingenti di spedizione in Ucraina? Questo non lo annuncia, ma in compenso lo ha detto ieri al Guardian l'ex Segretario Generale della Nato Anders Rasmussen (2) e poi far entrare la stessa Ucraina nella Nato. Insomma, Draghi non dice che dobbiamo dichiarare guerra formalmente alla Russia, ma la sostanza è questa e che Iddio ce la mandi buona.

Naturalmente da un ex banchiere centrale dello spessore di Draghi non possono mancare due parole sulle prospettive dell'economia: «dobbiamo prepararci a un periodo prolungato in cui l’economia globale si comporterà in modo molto diverso dal recente passato». E poi ancora, il banchiere romano nota che: «cambiamenti geopolitici e dinamiche dell’inflazione si intersecano» e infine quello che secondo me è il passaggio chiave: «ha contribuito all’aumento delle pressioni inflazionistiche a breve termine, ma è anche probabile che inneschi cambiamenti duraturi che preannunciano un aumento dell’inflazione in futuro».

Insomma per Draghi la crisi ucraina comporterà un sostanziale aumento dell'inflazione di lungo periodo (e come potrebbe essere altrimenti se lui stesso vaticina una guerra di lungo perioodo?) che tradotto significa impoverimento dei popoli. Come peraltro sempre capita durante le guerre.

Questa è a mio avviso la parola di Draghi. Parola quanto mai sincera, ma quanto mai inquietante.


(fonte: https://www.lantidiplomatico.it/det...it/29296_49922/)
  



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Messaggio Re: «Draghi: O Cade Il Cremlino, O Crolla L'Unione Europea» 
 
Draghi ha detto in modo chiaro che per l’occidente non c’è alternativa alla vittoria dell’Ucraina in questa guerra. Si tratta di una affermazione non isolata, con l’ex segretario generale Rasmussen che propone di inviare truppe Nato in Ucraina e con i fascisti nostrani che propongono di ripristinare l’esercito di leva per avere anche noi un po di carne da cannone da mandare in giro a farsi ammazzare come succede al popolo ucraino oggi.

Si tratta di posizioni criminali, che debbono essere sconfitte con la mobilitazione popolare in quanto l’alternativa non è tra vincere e perdere ma tra la trattativa, la tregua, il cessate il fuoco e la terza guerra mondiale.

Affermo questo perché:

1) La vittoria dell’Ucraina, se l’italiano non è un’opinione, presuppone la sconfitta della Russia. Visto che l’economia russa regge bene alle sanzioni e che il consenso in Russia alla guerra non è in calo, l’unica sconfitta possibile è quella militare.

Vorrei che qualcuno mi spiegasse perché una potenza nucleare come la Russia dovrebbe accettare di essere sconfitta militarmente senza far ricorso alle armi nucleari. Si badi che gli esempi dell’Afghanistan o del Vietnam non hanno nessuna attinenza. Anche l’Unione Sovietica si è ritirata dall’Afghanistan, ma qui la Russia sta combattendo per quelle che considera la difesa dei suoi confini e del suo popolo.

Si può ovviamente discutere a lungo su quanto questi argomenti siano fondati o meno, ma non è questo il punto. Il nodo è che mentre il Vietnam e l’Afghanistan erano territori lontani dagli Usa e non strategici, qui la Russia combatte quella che considera una battaglia essenziale per la propria vita e la propria sicurezza.

Il parallelo non è con il Vietnam o l’Afghanistan, ma con la crisi dei missili a Cuba del 62. Lì dove Kennedy riteneva che fossero in gioco gli interessi fondamentali degli Stati Uniti, si è arrivati ad un passo dalla catastrofe nucleare. In quel caso gli Usa non si sono ritirati.

Oggi, nel Donbass e in Crimea, siamo nella stessa situazione e la crisi va risolta con la trattativa e non con la terza guerra mondiale. Come nel ‘62 Kennedy e Krusciov trattarono, così occorre fare oggi. Chi parla di vittoria – sia esso Zelensky, Draghi o Meloni – politicamente è un pazzo criminale e non uno statista.

2) Gli interessi dell’Europa secondo Draghi coincidono con quelli degli Stati Uniti. Io penso che non sia vero. Come si evince dagli effetti delle sanzioni, l’Europa – e segnatamente la Germania e l’Italia, che hanno i più grandi apparati industriali – ha tutto da perderci da una rottura verticale delle relazioni economiche con la Russia.

Parallelamente gli Stati Uniti hanno tutto da guadagnare da una rottura delle relazioni economiche tra Russia ed Europa perché da un lato sostituiscono – a prezzi altissimi – la Russia nella fornitura di materie prime ed energetiche e, conseguentemente, indeboliscono il concorrente europeo nella sua capacità produttiva. Ricordiamoci le sanzioni degli Usa nei confronti dell’industria automobilistica europea…

Al contrario di cosa di dicono le élite dominanti vendute agli Usa – una sorta di borghesia compradora che prolifera nelle colonie – l’Europa ha tutto l’interesse a non diventare il teatro di guerra della terza guerra mondiale ricercando la vittoria – una specie di grande Donbass – e invece a ricercare la pace, la trattativa, il cessate il fuoco, come propone il Papa.

3) In terzo luogo la guerra tende a consolidare una divisione in due del mondo: da un lato Usa, Europa, Giappone ed ex impero inglese, dall’altra Cina, Russia e larga parte del sud del mondo. Questo mondo bipolare è meglio di un mondo unipolare, ma non è un bel mondo….

E’ un mondo di odio, sempre sull’orlo della terza guerra mondiale. Un mondo in cui la democrazia e la verità tendono a scomparire perché sarebbe un mondo in guerra nei fatti, un mondo fatto da due grandi trincee. La riduzione del mondo a tante trincee è una prospettiva degradante e suicida prima ancora che criminale.

L’Europa ha tutto l’interesse ad un mondo multipolare e non ad un mondo bipolare. L’Europa ha interesse a svilupparsi nelle sue caratteristiche proprie, nella capacità di costruire legami pacifici e di cooperazione ad est come a sud e ovest.

Gli interessi dell’Europa non coincidono quindi con quelli della Nato, non coincidono con la logica della guerra permanente, perché i propri interessi sono quelli di sviluppare un mondo multipolare fondato sulla cooperazione.

Non proseguo oltre, ma il punto è semplice: chi parla di vittoria in Ucraina sta lavorando a convincere le opinioni pubbliche per avere il consenso a determinare una escalation che ci porterà alla terza guerra mondiale e trasformerà l’Europa in un immenso campo di battaglia. Bisogna fermarli prima che sia troppo tardi: che si chiamino Draghi, Meloni, Biden o Schlein.


(fonte: https://contropiano.org/news/politi...fondaio-0161248)
  



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