«La Regina dei Vasi» («Царица ваз») è uno dei vasi più belli, misteriosi e più grandi del mondo. Ha un diametro superiore a 5 metri, pesa quasi 20 tonnellate ed è alto 2 metri e 57 centimetri. Incredibile ma vero! Soprattutto, è costituito da un unico, solido monolite: diaspro ondulato verde. Kolyvàn' (Koлывань) è una località situata nella Siberia meridionale, nella Regione di Novosibirsk. Kolyvan' è situata sulle sponde del fiume Ob' (Обь), a circa 40 chilometri dal capoluogo della Regione di Novosibirsk.
Il diaspro verde è chiamato la pietra della vita. È apprezzato da alchimisti, poeti, maghi. Il diaspro ti permette di sentire il richiamo di altri spazi, protegge dalle forze oscure, protegge dalla morte. Aleksandr Pushkin indossava sempre un braccialetto di diaspro verde al braccio. Ha protetto da problemi, malattie, aiutato nell'amore.
Il diaspro è pulito, caldo, frizzante, allo stesso tempo leggero e duro. Non si sporca e non dipende dai cambiamenti del tempo, quindi c'è il miglior esempio di persona nobile che non dipende dalle condizioni di vita e dal destino.
Il diaspro è un materiale molto fragile che si rompe durante la lavorazione. Più è bello, più complesso è il motivo della pietra, più fragile è. Come i maestri di Altaj siano riusciti a conquistare la pietra e creare questo miracolo è un segreto. Secondo tutte le leggi dell'artigianato, dovrebbe essersi rotto durante la lavorazione. Ma la pietra è sopravvissuta. La regina dei vasi non è soggetta al tempo e alla decadenza. All'inizio del 20° secolo, l'accademico Aleksandr Fersman, uno dei geologi più rispettati, disse di non aver mai visto una gamma così diversificata di colori e un tale motivo di diaspro come sul Vaso di Kolyvan’.
Il vaso è stato inventato da un meraviglioso maestro - Abram Mèlnikov. Il suo disegno, la sua immaginazione ispirarono gli operai-macinatori della fabbrica di prodotti colossali - questo era il nome della fabbrica di Kolyvan’, famosa per la fabbricazione di giganti di pietra. Gli artigiani locali sono abituati alla lavorazione di questa roccia e conoscono tutti i trucchi per maneggiarla senza intaccare la pietra.
Il vaso fu creato per quasi vent'anni e, infine, il 9 febbraio 1843 fu inviato a San Pietroburgo. La bellezza ha sopportato la strada più dura per sei mesi. Rimase a lungo su una chiatta speciale vicino al ponte Anichkov, imbarcata in una scatola. Risultò impossibile collocarlo nel Palazzo d'Inverno: era troppo pesante ed enorme. Per quattro anni è stata costruita per lei una fondazione speciale. E solo nell'autunno del 1849 settecento operai, uomini forti e sani, lo sollevarono e lo misero al suo posto. Finalmente ha trovato la pace.
Lo storico e scrittore Pavel Svinin è stato uno dei primi a vedere il vaso a San Pietroburgo, nell'Ermitage, e non ha potuto trattenere la sua ammirazione: «È sorprendente e dimostra la ricchezza della natura siberiana e l'ardita impresa dei maestri russi».
Durante il blocco, è stata ricoperta di sacchi di sabbia per proteggerla dalle conchiglie. Quando il vaso fu aperto per preparare la prima mostra del dopoguerra, si scoprì che era pieno d'acqua. Ci volle molto tempo per raccogliere l'acqua prima che la regina fosse pronta per uscire di nuovo.
Dicono che Serghej Prokofiev, quando componeva la musica per il balletto «Il Fiore di Pietra» («Каменный цветок» «The Stone Flower»), veniva spesso a San Pietroburgo, rimase a lungo vicino al vaso, ammirò e disse:
«Quanti miracoli si nascondono nella pietra! Come può essere espresso in musica? Come far cantare la pietra? I segreti della Signora della Montagna di Rame e i segreti di questo vaso cominciano a tormentarmi».
Ha lavorato alla musica per il balletto fino all'ultima ora della sua vita. Nel pomeriggio del 5 marzo 1953 venne da lui il coreografo Leonid Lavròvskij. Dovevano essere apportati diversi aggiustamenti. «Con piacere», Prokofiev sorrise e si mise al lavoro. Poche ore dopo, Serghej Prokofiev era scomparso.
Il mondo è pieno di meraviglie e bellezza, e la pietra stravagante ce le ricorda. Mi ricorda le stelle lontane dove vivono le anime dei nostri cari.
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Zarevich
