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«IN ITALIA CI SONO PIU’ DI 100 LE BASI NATO»
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Messaggio «IN ITALIA CI SONO PIU’ DI 100 LE BASI NATO» 
 
«IN ITALIA CI SONO PIU’ DI 100 LE BASI NATO»

«ITALIA, LABORATORIO DI GUERRA NATO&USA»

Tatiana Santi

In Italia è in atto una colonizzazione militare. Sono più di 100 le basi NATO e degli Stati Uniti sul territorio italiano, aree dove gli americani fanno spesso e volentieri quello che vogliono. L’Italia è di fatto un deposito di armi straniere, comprese 90 bombe atomiche, un vero laboratorio di guerra NATO & USA.La guerra fredda è lontana, ma l'attività della NATO e la sua presenza in Europa non fa che aumentare. L'Italia è un esempio emblematico, rappresenta una piattaforma di lancio ideale per gli Stati Uniti e le loro guerre, il tutto nel silenzio assoluto dei politici e dei mass media.

Gli italiani non sanno che cosa accade all'interno delle basi militari americane sul suolo italiano, non si ha nemmeno la certezza del numero delle testate atomiche che si aggira fra le 60 e le 90 bombe. In effetti gli americani trovano una grande libertà d'azione in Italia, che si può ormai chiamare "la terra delle basi USA". È ora di chiedersi finalmente a che cosa servono le basi NATO e USA in Italia? Quali sono i rischi che corre l'Italia? Sputnik Italia ne ha parlato con Antonio Mazzeo, giornalista da tempo impegnato nei temi della pace e della militarizzazione. — Antonio, quante basi militari e soldati americani ci sono sul territorio italiano? Abbiamo dei dati? Formalmente abbiamo la possibilità di avere dei dati più o meno reali dalle richieste che fa il Dipartimento della Difesa al Congresso e al Senato per farsi autorizzare le spese per potenziamenti delle basi americane in Italia. Una volta che fanno queste richieste presentano delle schede riassuntive sulle basi, dove trovi delle informazioni sulle funzioni e il numero di addetti militari e civili presenti nelle basi. Si parla di oltre una decina di migliaia di addetti fra militari e civili. Qui bisogna aggiungervi le famiglie al seguito degli ufficiali e del personale militare. — Con quale forma giuridica viene regolamentate questa presenza? — In Italia viene regolamentate attraverso una serie di protocolli che di fatto consentono la presenza delle infrastrutture. Nei protocolli viene riassunto anche il tipo di funzione e il tipo di infrastrutture all'interno delle basi. Mi riferisco al complesso di basi a Vicenza, la base di Aviano, la base di Camp Darby fra Pisa e Livorno, la base di Sigonella, il comando di Napoli a Capodichino. — In alcune basi però sono presenti delle testate nucleari e qui la questione si fa molto delicata. — È un dato accertato che in questo momento in Italia nelle infrastrutture di Aviano e di Ghedi in provincia di Brescia sono presenti fra le 60 e le 90 testate nucleari. Fra l'altro queste testate sono in via di aggiornamento. C'è un grosso progetto statunitense di potenziamento. — La presenza di bombe atomiche sul territorio non va in contrasto con quello che è il trattato di non proliferazione? Questo fatto è già stato denunciato da numerosi costituzionalisti e politologi. Sicuramente la presenza di testate nucleari in territorio italiano viola la firma del Trattato internazionale di non proliferazione sottoscritto dal governo italiano. Non si può nemmeno dire che sono delle state statunitensi e possiamo dunque non sapere della loro presenza sul territorio italiano. È falso, perché le testate nucleari B61possono essere messe a disposizione anche dei cacciabombardieri italiani. In caso di crisi internazionali queste testate possono essere messe a disposizione dell'Aeronautica italiana. La violazione è palese da parte delle autorità italiane. — Le basi americane e quelle NATO sono considerate suolo italiano o americano? Gli italiani possono sapere che cosa avviene all'interno di queste basi? — Scateni uno dei grandi quesiti e dibattiti di cui non c'è mai stata soluzione. Innanzitutto esistono basi USA e basi NATO e non detto che le basi americane siano sempre delle basi NATO. Vorrei citare l'esempio della base di Sigonella. Questa base ha un'area sotto il controllo unico degli Stati Uniti a tutti gli effetti, in particolare della Marina e dell'Aeronautica. Qui non c'è assolutamente la possibilità da parte delle autorità italiane di poter sapere delle operazioni militari che vengono eseguite. La vicenda della famosa notte di Sigonella nel'85 quando si creò uno dei più grandi conflitti politico militari fra Italia e Stati Uniti ne è un esempio: si trattò di una vera e propria operazione di pirateria aerea quanto obbligarono un aereo che trasportava un gruppo palestinese ad atterrare a Sigonella. Questa è la dimostrazione palese che gli americani in un pezzo di territorio hanno la possibilità di fare quello che vogliono. Sempre a Sigonella c'è un'area a tutti gli effetti NATO, il comando è condiviso in sede atlantica. All'interno di questa base c'è anche un'area italiana, dov'è prevista la presenza del 41-simo stormo dell'Aeronautica militare che è sotto comando dell'Aeronautica stessa. — Ci sono basi militari quindi molto diverse fra loro? La situazione è molto più complessa della divisione fra basi USA e basi NATO, perché ci sono delle basi italiane che vengono messe a disposizione di volta in volta delle forze aeree statunitensi. È il caso della base italiana Pantelleria, che da un anno e mezzo viene messa a disposizione delle forze armate statunitensi. Si tratta di un aereo appartenente ad una compagnia statunitense, che però compie azioni militari di spionaggio di tutto il Nord Africa, dalla Tunisia fino all'Egitto sotto il comando di USAFRICOM. La situazione oggi è molto più complessa, perché ci sono in Italia strutture civili, dove però di volta in volta vi è autorizzato il dislocamento di aerei o NATO o delle forze armate statunitensi. Molte delle basi italiane vengono messe a disposizione anche di forze armate di Paesi che non sono all'interno dell'Alleanza Atlantica. In Sardegna si fa un utilizzo costante dei poligoni e degli aeroporti messi a disposizione delle forze armate di Israele o di molti Paesi del mondo arabo come l'Arabia Saudita, il Qatar. La situazione con le basi militari in Italia viola i principi costituzionali e sfugge a quello che dovrebbe essere il controllo parlamentare. — In effetti in alcune basi militari in Italia gli americani fanno un po'quello che vogliono. La popolazione come reagisce a tutta questa situazione? — Rispetto alla gravità della situazione e al fatto che molte basi in Italia vengono già utilizzate per operazioni di guerra in Medio Oriente, in Africa, ovviamente la risposta, o meglio, la consapevolezza da parte italiana è veramente minima. Se neanche il Parlamento italiano ritiene di non doversi mai confrontare e aprire un dibattito serio su quello che è accaduto negli ultimi anni, è troppo chiedere che sia la popolazione a farlo. I grandi sistemi mediatici inoltre fanno in tutti i modi per non dare informazioni sulla gravità, per cui è chiaro che la risposta e la consapevolezza da parte della popolazione sia molto bassa. Non dobbiamo dimenticare comunque che in Sicilia, Sardegna, in Veneto sono state diverse le forme di lotta rispetto ai processi di militarizzazione e al rafforzamento della presenza militare straniera, USA e NATO nel nostro Paese. La vicenda del M.u.o.s di Niscemi è emblematica, vi è stata un'opposizione alla costruzione dell'aeroporto Dal Molin a Vicenza. Meno note forse in Italia sono le forme di opposizione dal basso che si verificano in Sardegna, rispetto la presenza militare e l'uso di buona parte del territorio per sperimentare sistemi di guerra. Inoltre l'anno scorso di fronte alle maxi esercitazioni NATO "Trident Juncture" si sono svolte diverse manifestazioni di opposizione. Ora sono in atto nell'isola da tutti conosciuta per l'immigrazione, Lampedusa, che ha visto un boom di militarizzazione inimmaginabile: l'isola si trasforma in una selva di sistemi radar, uno degli avamposti principali della NATO nel Mediterraneo. — L'Italia che cosa rischia secondo te essendo coinvolta in una NATO molto aggressiva, tenendo conto delle numerose basi militari americane sul suo territorio? — La NATO non è mai stata una struttura difensiva, questo potevano mascherarlo quando c'era la guerra fredda. Caduto l'altro blocco è caduta anche la foglia di fico che dimostra il ruolo profondamente aggressivo e imperialista di questa alleanza. La NATO è cambiata, è molto più complessa, è un'alleanza fatta anche di attori che non sono subordinati agli Stati Uniti. Penso al ruolo della Turchia in questo momento, ma penso anche alla Francia e alla Gran Bretagna, che vogliono assumere un ruolo da primadonna per esempio nel continente africano, anche in conflitto e in tensione con altri Paesi della NATO. Questo a mio avviso aumenta il rischio per Paesi come l'Italia a trovarsi in un'alleanza atlantica che è sempre più aggressiva, imperialista che vede al suo interno interessi contrastanti con gli interessi economici, politici e militari del nostro Paese. In questo contesto, di fatto, la presenza NATO influisce sulla politica estera italiana, ma anche sulla sua situazione sociale e politica interna.

Tatiana Santi
«SPUTNIK»  

  

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Zarevich
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Ringraziano per l'utile discussione di Zarevich :
altamarea (09 Settembre),  
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Messaggio Re: «IN ITALIA CI SONO PIU’ DI 100 LE BASI NATO» 
 
Articolo del 2014 che ben delinea la presenza e l'impatto delle servitu' militari in Sardegna

tratto dal sito: http://www.today.it/cronaca/sardegn...i-poligoni.html

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Sardegna, l'isola militarizzata: basi e poligoni militari tutte le informazioni
„Sardegna, il lato oscuro di un paradiso: è l'isola più militarizzata d'Europa“

 
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La Sardegna, con più di 35.000 ettari sottratti all'agricoltura e destinati all'uso militare e più di 20.000 km^2 di mare interdetti alla navigazione durante il periodo delle esercitazioni, è la regione più militarizzata d'Europa



Sardegna, l'isola militarizzata: basi e poligoni militari tutte le informazioni
„Per tanti turisti è solo mare e spiagge da sogno. Si parla pochissimo dell'altra faccia della Sardegna: sull'isola ci sono il 61 per cento delle servitù militari italiane, i tre più grandi poligoni d'Europa. Territorio contaminato (e interdetto alla popolazione), conseguenze sulla salute, il "ricatto" dei posti di lavoro. Cosa riserverà il futuro? Ne abbiamo parlato con Michele Piras, deputato e membro della IV Commissione Difesa“

La Sardegna è la regione più militarizzata d'Italia e d'Europa. Tutto ebbe inizio dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando a Washington venne disegnato il ruolo dell'Italia nello scacchiere della Guerra Fredda. Dall'altra parte dell'oceano venne definito il ruolo della Sardegna come crocevia strategico nello scenario internazionale. La Sardegna era il cuore, il punto critico, del sistema politico-militare creato dall’alleanza atlantica nello scenario europeo.

Oggi i tempi sono cambiati, ma la presenza militare in Sardegna è superiore, incredibilmente superiore, a quel che probabilmente pensa la maggior parte degli italiani. Il 61% delle servitù militari italiane è in Sardegna. Abbiamo intervistato Michele Piras, deputato di Sel e Membro della IV Commissione Difesa, nominato nell’Assemblea parlamentare della Nato dalla Presidente Laura Boldrini. Piras è da sempre attento alle questioni legate alla occupazione militare in Sardegna ed alla contaminazione del territorio sardo.

Quello che a una prima analisi anche superficiale secondo me sorprende è la capillarità della presenza di poligoni militari e basi più o meno segrete sull'isola, da Nord a Sud, da Est a Ovest. La maggior parte degli italiani non ha coscienza della dimensione di questo fenomeno, è d'accordo?

"La maggior parte degli italiani - ci dice - non sa perché la conoscenza che hanno della mia terra è parziale, spesso limitata alle bellezze naturalistiche e del paesaggio, ai profumi della tavola e - più in generale - alla sua vocazione turistica. Ma la Sardegna è come mille cieli sopra un continente, mille realtà spessO nascoste al passante distratto. Il 61% delle servitù militari dell'intero territorio nazionale è ubicato nell'Isola, il restante 39% è altrettanto iniquamente ripartito fra Friuli Venezia Giulia (31%) e il resto del Paese. Fra servitù di terra e aree marine interdette alla navigazione ed alla attività civile la Sardegna si attesta nell'intorno del 35 mila ettari, senza considerare gli spazi aerei interdetti. E i tre più grandi poligoni d'Europa alloggiano in terra sarda. Poligoni sperimentali, nei quali si spara terra-mare, aria-terra e mare-terra, dove si svolgono possenti esercitazioni (anche in affitto) e si mette in mostra il made in Italy dell'industria bellica. Come in un supermercato".

Quirra, Perdasdefogu, sono nomi che raccontano, evocano qualcosa ai cittadini informati. Agnelli nati malformati nei pascoli adiacenti o situati nei dintorni del Poligono, soldati e pastori ammalati di tumore o leucemia. La "Sindrome di Quirra", una lunga catena di morti e malattie sospette che potrebbe collegare (i procedimenti giudiziari sono ancora in corso) queste disgrazie con le attività militari svolte nel Poligono Sperimentale Interforze, è il simbolo della presenza militare sull'isola. Dalle prime pubbliche denunce sull'insorgenza di tumori del sindaco di Villaputzu è passato quasi un quarto di secolo (era il 1990). In questi 23 anni che cosa è cambiato secondo lei?

"Si è accresciuta la sensibilità sul tema e si sono diffusi una molteplicità di elementi di conoscenza, prima sconosciuti anche alla maggioranza dei sardi. L'occupazione militare ha causato problemi evidenti alle economie locali: da una parte ha causato una economia pressoché dipendente dalla presenza del poligono (si veda il caso di Perdasdefogu), dall'altra gli indicatori socioeconomici e demografici mostrano chiaramente una correlazione con lo spopolamento (comunque dovuto anche ad altri fattori) e con un livello di reddito pro capite nella maggior parte dei centro interessati decisamente inferiore alla media sarda. Se la questione della correlazione fra impatto ambientale ed alcune forme tumorali è ancora questione dibattuta, in un contesto peraltro nel quale le omissioni e gli insabbiamenti sono all'ordine del giorno, quella della contaminazione del territorio è chiara ed evidente. Ad esempio, le indagini ambientali condotte nel PISQ hanno portato a dichiarare contaminati 800 ettari di territorio (quelli a più alta attività). Una operazione di bonifica costerebbe decine di milioni di euro. E se molti escludono la presenza di uranio impoverito, i medesimi confermano la presenza oltre norma di una sostanza radioattiva (e pericolosissima) come il Torio 232 e di metalli pesanti in abbondanza. Del resto è difficile pensare che una attività come quella possa considerarsi eco-compatibile. In altri casi (come quello di Capo Frasca) in quasi 60 anni (tutti e tre i poligoni vennero istituiti nel 1956) non sono mai state condotte analisi ambientali né bonifiche di alcun tipo. E la coscienza ambientale del Paese negli anni '60 non era certo quella attuale".

 E' qui in Sardegna che esplode l'80% delle bombe in Italia, trentacinquemila ettari di terreno non accessibili ai cittadini, perché occupati da servitù militari e aree demaniali connesse. La Sardegna è militarizzata, da più di 50 anni (il Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze, che svolge tuttora attività militari missilistiche e di collaudo è attivo dal 1956). Ma il futuro rischia di essere persino più fosco. I poligoni sardi saranno sempre più al centro (lo si legge anche in un'interrogazione dell'onorevole e sua collega di partito Claudia Zuncheddu) delle sperimentazioni di nuove tecnologie: radar, satelliti, droni. Capo Teulada viene definito dalle istituzioni un "unicum" in Italia per la possibilità di attività congiunte di Aeronautica, Marina ed Esercito. I cittadini sardi hanno mai ricevuto adeguata e completa informazione dalle istituzioni sul tema della salute pubblica e dei rischi ambientali?

"L'informazione esistente deriva principalmente da un percorso iniziato prima negli anni '80, quando il Presidente Melis pose con forza la questione del disequilibrio nella ripartizione del peso delle servitù militare, poi proseguito nei '90 e nel ventennio successivo con una copiosa ed imprescindibile attività svolta dai comitati. Una opera di fondamentale rilevanza che finalmente è stata assunta dalla politica e che ha determinato - più di recente - l'intervento della magistratura. Si consideri che tutto ciò è avvenuto in aperto conflitto con i vertici delle Forze Armate ed anche con le posizioni da sempre tenute dal Ministero della Difesa. In questo momento il dibattito è aperto, esiste una determinazione assunta all'unanimità dalla Commissione d'indagine sull'uranio impoverito del Senato (XVI legislatura) che propone la chiusura di Frasca e Teulada e la riperimetrazione, riqualificazione e riconversione del PISQ, riproposta di recente dal Pd, che sta facendo discutere la maggioranza di governo e che potrebbe segnare un cambiamento di orientamento fra l'attuale governo e quello di Enrico Letta. Staremo a vedere. Ed esiste anche una questione che allude al diritto delle popolazioni locali ad essere risarcite ed a conoscere piani ed entità delle risorse per la riconversione prima che ci si ritrovi in un deserto: ancor più poveri sul piano economico e circondati dall'inquinamento".

Il Poligono del Salto di Quirra ospita regolarmente la sperimentazione di armamenti e la dimostrazione da parte delle aziende produttrici a potenziali clienti. Il 40% delle attività che vi si svolge è privata, non pubblica. Il poligono viene affittato a chi ne faccia richiesta per 50 mila euro l'ora. Come si può accettare che in nome dell'interesse privato, spesso straniero, venga avvelenato un territorio?

"Non è accettabile. Non certamente per me. Il tema controverso resta quello dell'occupazione, in territori molto poveri e con poche prospettive. Perciò va rovesciato il discorso e messa in campo una programmazione democratica dello sviluppo e risorse a sufficienza affinché non si ripeta ciò che è successo a La Maddalena dopo la dismissione della base USA di Santo Stefano. I poligoni tuttavia, a differenza delle basi, generano pochissimo indotto, anche per questo quei territori non andrebbero posti di fronte alla scelta se morire definitivamente di fame o tenersi le sperimentazioni di guerra".

La classe dirigente in Sardegna si è ritrovata sempre a essere subalterna ai centri di potere politico, economico e militare dominante? Ci sono state delle eccezioni degne di rilievo nella storia recente? La Sardegna ha dato due Presidenti della Repubblica all'Italia (Segni e Cossiga), ma è mai cambiato l'approccio "dall'alto" sui problemi strutturali che da sempre caratterizza il rapporto Italia-Sardegna?

"L'approccio non può cambiare dall'alto. Si tratterebbe di capire se la spinta finalmente arriverà dal basso, perché anche su questo terreno l'atteggiamento di noi sardi è spesso contraddittorio. Per quanto mi riguarda ci sto provando, ma penso anche che la battaglia contro le servitù militari debba poter fare un salto di qualità: dalla fase della denuncia e sensibilizzazione a una concreta pratica di governo, che porti a casa risultati concreti e combini dismissione e progetti seri di bonifica e riconversione".

Coloro che si oppongono alla dismissione delle basi utilizzano come argomento (o dovremo dire "ricatto"?) la presunta ricaduta occupazionale che essa comporta affermando che essa porterà ad un’ulteriore impoverimento dell’isola. Che cosa ne pensa? E' eccessivo definirlo un "ricatto"?  L'ex ministro Mauro ha ancora recentemente ribadito come la Difesa sia di gran lunga il primo datore di lavoro della Sardegna, con circa undicimila occupati.

"La Difesa non è il primo datore di lavoro in Sardegna. Per niente. Checché ne dica Mauro. Certamente esiste (ed è esistita) una condizione di ricatto. Ma del resto come potrebbe essere altrimenti con i tassi di disoccupazione che si registrano nell'Isola e - particolarmente - nei centri dell'interno. La ricaduta occupazionale, se con ciò si intende le maestranze civili dei poligoni e delle basi, è contenutissima. I poligoni (il caso del PISQ è parzialmente diverso) non presentano interscambi significativi con l'economia locale, mentre le basi (come era per la Maddalena e ancora oggi a Decimomannu) un po di più. Ma bisognerebbe piuttosto capire ciò a cui si è dovuto rinunciare in termini di mancato sviluppo, potenzialità economiche inespresse, competenze e intelligenze inutilizzate, sovranità sottratta".

L'impianto giuridico delle servitù militari è applicato nei fatti al di sopra e al di fuori di qualsiasi sfera di sovranità totale o parziale dei sardi. I sardi dovrebbero avere più voce in capitolo sulla questione? Qual è su questo punto la posizione sua o di Sel?

"Confermo: i sardi dovrebbero avere più voce. La Regione ed anche le Comunità locali. Una idea della Difesa centrata sul prevalente interesse nazionale è stata persino stigmatizzata dalla Corte di Cassazione in una recente sentenza sul caso del deposito di munizioni di Guardia del Moro".

Le bonifiche nei poligoni militari sardi per ora sono rimaste solo sulla carta. Lo stanziamento destinato allo scopo è irrisorio, 75 milioni complessivi per 10 poligoni in Sardegna. E la bonifica portata avanti in "tempi record" alla Maddalena è ora sotto la lente dell'autorità giudiziaria per evidenti negligenze. Un territorio, dal Nord al Sud dell'isola, contaminato da metalli pesanti, radioattivi, tossici, discariche e carcasse di bersagli. Lei non trova paradossale, direi offensivo, che si parli di bonifiche e allo stesso tempo si spieghi apertamente che nuovi progetti appesantiranno la presenza militare in Sardegna?

"Che si appesantisca la presenza militare è tutto da vedere. E non sarà semplice nemmeno per i più accesi, potenti, interessati o "romantici" militaristi. Credo che su questo si ritroveranno contro un popolo che gli anelli al naso li ha levati da tempo".

Ogni sardo o quasi ha un amico, un fratello, un parente che è stato in Bosnia, in Libano, in Somalia, in Iraq, in Afghanistan. I sardi la guerra la conoscono, senza per forza dover ritornare con la memoria ai tempi della Brigata Sassari nella Grande Guerra. E' possibile sognare per le future generazioni una Sardegna che si metta alle spalle la crisi endemica in quasi tutti i settori produttivi e che crei lavoro e conoscenza senza armi?

"Sognare e costruire. Ho visto io stesso partire alcuni dei miei migliori amici, diversi miei cari, per disoccupazione prima che per spirito patrio. La Sardegna ha dato davvero tanto all'Unità nazionale, un tributo di sangue al quale non è mai corrisposta altrettanta attenzione da parte dello Stato. Ma è giunto anche il tempo di smetterla di lagnarsi e di operare per cambiare lo stato delle cose presenti"

Costi ambientali, territoriali ed economici enormi e non confrontabili con nessuna parte del territorio dello Stato italiano o europeo. Basi di addestramento, caserme, poligoni di esercitazione. Trentacinquemila ettari di terreno sottoposti a servitù e a vincoli militari. Il "famigerato" poligono del Salto di Quirra è solo uno degli elementi. Hanno pari impatto ambientale e sociale ad esempio anche le aree militari di Capo Teulada e Capo Frasca, di cui lei si è occupato di recente. L'elenco è lungo. C'è secondo lei un luogo simbolo, a cui lei tiene particolarmente, della Sardegna militarizzata?

"Un cartello che ogni bambino nella mia terra ha incontrato almeno una volta: "Zona militare. Limite invalicabile". Sarà forse un sogno ma spero che mio figlio possa crescere con l'idea di chi ritiene valicabile ogni divieto d'accesso", conclude Piras.

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Messaggio Re: «IN ITALIA CI SONO PIU’ DI 100 LE BASI NATO» 
 
«IN ITALIA CI SONO PIU’ DI 100 LE BASI NATO»
«ITALIA, LABORATORIO DI GUERRA NATO&USA»
 
Forse tutto non è vero, è una bugia? Forse è la propaganda di Cremlino, del cattivo Putin? Forse l’Italia è pura come un fiore sul far dell'alba? Vorrei sentire almeno un’opinione degli Italiani, se non avete paura di parlarne.
Zarevich


  

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Forse tutto non è vero, è una bugia? Forse è la propaganda di Cremlino, del cattivo Putin? Forse l’Italia è pura come un fiore sul far dell'alba? 
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Zarevich
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In Italia è in atto una colonizzazione militare. Sono più di 100 le basi NATO e degli Stati Uniti sul territorio italiano, aree dove gli americani fanno spesso e volentieri quello che vogliono. L’Italia è di fatto un deposito di armi straniere, comprese 90 bombe atomiche, un vero laboratorio di guerra NATO & USA.La guerra fredda è lontana, ma l'attività della NATO e la sua presenza in Europa non fa che aumentare. L'Italia è un esempio emblematico, rappresenta una piattaforma di lancio ideale per gli Stati Uniti e le loro guerre, il tutto nel silenzio assoluto dei politici e dei mass media.
  




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Zarevich
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Messaggio «IN ITALIA CI SONO PIU’ DI 100 LE BASI NATO» 
 
«IN ITALIA CI SONO PIU’ DI 100 LE BASI NATO»
Non vi sembra strano che del fatto che ci siano più di cento basi militari americane in Italia non si scrive affatto sulla stampa italiana e di questo fatto non si parla nei mass media italiani. Presero un po' d'acqua in bocca e tacquero. Come se questo non fosse affatto vero e in generale questa sia tutta propaganda russa. Ci avete mai pensato? Che razza di democrazia silenziosa è questa?

  




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Zarevich
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