----------------------------------- orphicus Giovedì, 30 Settembre 2010, 17:53 «BORIS GODUNOV» di Modest Mussorgskij  ----------------------------------- Riporto le inteviste ad Andreij Konchalovskij e Gianandrea Noseda in relazione al prossimo "Boris Godunov" torinese. Gianandrea Noseda «Boris Godunov, l’opera di un visionario» di Susanna Franchi Il suo primo Boris Godunov di Musorgskij Gianandrea Noseda lo descrive così: «Terribile e bellissimo! Era il novembre 1997, ero a Parigi per una tournée con i complessi del Kirov, il Teatro di San Pietroburgo del quale ero direttore ospite principale. Valery Gergiev stava dirigendo Boris Godunov al Théâtre des Champs-Élysées quando, un lunedì, mi dice: “La recita di Boris di sabato la dirigi tu”. Ho studiato l’opera in cinque giorni! Non ho mai avuto timor panico prima di salire sul podio, ma quella sera ho pensato “Non so se finirò”. Era la versione del 1869: due ore e venti senza intervallo; alla fine ci sono arrivato e ne rimasi affascinato, ma non posso dire di averlo capito fino in fondo, quella volta. Poi nel gennaio 1998 ho diretto Boris al Mariinskij di San Pietroburgo. Ho fatto una prova di sala: io, il pianista e Sergej Alekšaskin che era il protagonista. Lui ha cantato il grande monologo di Boris, venti minuti meravigliosi: era come se il resto del mondo, fuori, non esistesse più e lì ho capito tutto. Prima rispettavo quest’opera, ma in quell’occasione me ne sono innamorato e da allora la considero uno dei grandi capolavori della storia dell’opera». Facile immaginare quindi perché Noseda abbia scelto di dirigere il Boris Godunov come titolo inaugurale della Stagione 2010-2011 del Teatro Regio. C’è il primo Boris, quello del 1869, senza l’atto polacco; c’è il Boris del 1872 con l’inserimento della figura di Marina; poi c’è quello con la revisione di Rimskij-Korsakov; quello di Šostakovič… insomma, tra i tanti Boris, quale sarà quello che il pubblico del Regio ascolterà il 5 ottobre? «Eseguiamo la prima versione, quella del 1869, il primo Boris, solo che alle sette scene della prima versione aggiungiamo la scena della Foresta di Kromy; è una scelta fatta insieme con il regista Andrei Konchalovsky, per motivi drammaturgici: il pretendente Grigorij lo vedi scappare nella scena della locanda e poi non lo vedi più per tutta l’opera. Così invece il personaggio ritorna e sta marciando su Mosca. Questa versione, il Boris del 1869, è meno spettacolare, meno rifinita, e meno sontuosa ma ha più forza, più severità, è più diretta delle altre versioni. Diciamo che è come un blocco di marmo dal quale sta uscendo una statua che non è ancora levigata, così appare ancora più forte. C’è un linguaggio più onesto, senza nessun make-up». Ma perché quella versione venne bocciata dal comitato di lettura del Teatro Mariinskij che non volle metterlo in scena con sei voti contrari e uno solo favorevole? «Perché i visionari non sono mai accettati. E questa è l’opera di un visionario!» Boris, ovvero il potere logora chi ce l’ha? «È un uomo molto combattuto: all’inizio esprime anche dei buoni propositi, vuole che il suo potere sia anche al servizio del popolo, ma ha degli scheletri nell’armadio e prima o poi un’anta si apre e qualcosa viene fuori…»